Laureati: più mobilità internazionale e tirocini, contratti a tempo indeterminato in crescita

Presentato il Rapporto AlmaLaurea 2024: i laureati si dimostrano più selettivi nella ricerca di occupazione, che deve essere adeguatamente retribuita e coerente con il proprio percorso formativo

Il XXVI Rapporto AlmaLaurea sul Profilo e sulla Condizione Occupazionale dei Laureati è stato presentato il 13 giugno 2024 dalla Direttrice del Consorzio Marina Timoteo, all'Università degli Studi di Trieste, nell’ambito del convegno Laureati e dimensioni internazionali: dall’università al mercato del lavoro, organizzato con il Ministero dell'Università e della Ricerca e con il patrocinio della CRUI - Conferenza dei Rettori delle Università Italiane.

Il Rapporto 2024 sul Profilo dei Laureati di 78 atenei si basa su una rilevazione che coinvolge circa 300mila laureati del 2023 e restituisce un’approfondita fotografia delle loro principali caratteristiche.

Il Rapporto 2024 sulla Condizione occupazionale dei Laureati di 78 atenei ha coinvolto circa 660mila laureati, analizzando i risultati raggiunti nel 2023 nel mercato del lavoro da chi si è laureato da uno, tre e cinque anni.

Completa il Rapporto 2024 il Focus sulla Mobilità internazionale, che offre un quadro sui laureati di cittadinanza estera, sulle esperienze di studio all’estero e sul lavoro oltreconfine.

 

Profilo dei Laureati

Soddisfazione per l’esperienza universitaria

I giudizi dei laureati coinvolti nelle rilevazioni di AlmaLaurea indicano una generale soddisfazione per i diversi aspetti dell’esperienza di studio compiuta, indipendentemente dal tipo di corso concluso.

Il 90,5% dei laureati dichiara una soddisfazione complessiva per il corso di laurea scelto (nel 2013 era pari all’86,0%). Il 72,1% confermerebbe la scelta sia del corso sia dell’ateneo (quota in crescita rispetto al 66,9% del 2013) e solo il 2,4% non si iscriverebbe più all’università. Inoltre, l’88,7% dei laureati si dichiara soddisfatto dei rapporti con il personale docente e l’82,8% dell’adeguatezza delle aule.
 

Performance dei laureati

L’età alla laurea, per il complesso dei laureati nel 2023, è pari a 25,7 anni. L’età alla laurea si è ridotta in misura apprezzabile negli ultimi anni (era 26,6 anni nel 2013), anche se nell’ultimo anno la decrescita si è arrestata (+0,1 anni rispetto al 2022).

Il 61,5% dei laureati del 2023 ha concluso il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti. Fino al 2022 si è registrato un miglioramento costante e marcato della regolarità negli studi (anche per effetto della proroga della chiusura dell’anno accademico concessa agli studenti per l’emergenza Covid-19); nel 2023 si è però assistito, per la prima volta dopo 12 anni, a un lieve ridimensionamento della quota di laureati regolari (-1,0 punto percentuale rispetto al 2022, nonostante la conferma della proroga della chiusura dell’anno accademico).
 

Mobilità per motivi di studio

Il Profilo dei laureati 2023 conferma che la mobilità per ragioni di studio è in tendenziale aumento. Si conferma la direzione Sud-Nord: il 28,5% dei laureati che ha conseguito il diploma al Mezzogiorno ha scelto un ateneo di una ripartizione geografica diversa (il 14,5% tra i laureati diplomati al Centro e il 4,0% tra quelli del Nord). Tale quota è in costante aumento: era il 23,2% nel 2013.

Si conferma, inoltre, la maggiore propensione alla mobilità per ragioni di studio dei laureati che provengono da contesti più favoriti: il 33,5% dei laureati del Sud che si sposta in atenei del Centro-Nord proviene da contesti più favoriti rispetto al 23,6% di chi invece proviene da contesti meno favoriti.
 

Esperienze di studio all’estero

È pari a 9,8 la percentuale di laureati che nel 2023 ha maturato un’esperienza di studio all’estero riconosciuta dal corso di laurea. Nel 2023 si è registrata una ripresa di tali esperienze rispetto agli anni precedenti, condizionati dalla pandemia. La valutazione dell’esperienza all’estero è molto elevata, con percentuali di soddisfazione che oltrepassano stabilmente negli ultimi anni il 95%.

Inoltre, chi ha svolto un periodo di studio all’estero riconosciuto dal proprio corso di laurea ha il 17,1% probabilità in più di essere occupato a un anno dalla laurea rispetto a chi non ha mai svolto questa esperienza.
 

Tirocini curriculari

Nel 2023 si conferma la ripresa delle esperienze di tirocinio curriculare, che riguardano il 60,7% dei laureati. Tra il 2013 e il 2019 si è evidenziata una crescita (dal 56,9% al 59,9%) cui è seguita una contrazione di quasi 3 punti percentuali tra il 2020 e il 2021, verosimilmente imputabile alla situazione pandemica. Dal 2022 la quota di laureati con questa esperienza è tornata a crescere (nel 2023 è cresciuta di quasi 4 punti percentuali rispetto al 2021).
La soddisfazione per l’esperienza di tirocinio curriculare riguarda il 94,3% dei laureati.
Inoltre, chi ha svolto un tirocinio curriculare ha il 6,6% di probabilità in più di essere occupato a un anno dal conseguimento del titolo rispetto a chi non ha svolto tale tipo di attività.

 

Condizione occupazionale dei Laureati

L’indagine sulla Condizione occupazionale dei laureati conferma l’elevata propensione dei laureati di primo livello a proseguire i propri studi iscrivendosi a un corso di laurea di secondo livello. Tale scelta coinvolge, nel 2023, il 68,1% degli intervistati a un anno dal conseguimento del titolo.
 

Tasso di occupazione

I principali indicatori occupazionali esaminati registrano una riduzione del tasso di occupazione, di poco superiore a 1 punto percentuale tra i neolaureati: nel 2023, a un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione è pari al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 75,7% tra i laureati di secondo livello (-1,3 e -1,4 punti percentuali rispetto al 2022).

Di diverso segno il dato sul tasso di occupazione dei laureati di primo livello a cinque anni dal conseguimento del titolo che, nel 2023, è pari al 93,6% e che risulta in aumento di 1,5 punti percentuali rispetto al 2022, raggiungendo così il più alto valore osservato in oltre un decennio. Si registra invece un lieve calo dell’occupazione per i laureati di secondo livello a cinque anni dal titolo (-0,5 punti percentuali rispetto al 2022), tra i quali il tasso di occupazione è pari all’88,2%. 

È opportuno sottolineare, comunque, che per tutte le popolazioni in esame, i livelli occupazionali del 2023 rimangono più elevati, o in linea, rispetto a quelli osservati negli anni immediatamente precedenti la pandemia.

I dati sull’occupazione vanno letti anche alla luce dell’evolversi di un diverso approccio dei laureati nei confronti della ricerca del lavoro. I dati di AlmaLaurea evidenziano infatti una loro maggiore selettività: in particolare, i laureati sono sempre meno disponibili ad accettare lavori a basso reddito o non coerenti con il proprio percorso formativo. A un anno dal titolo, infatti, tra i laureati di primo e di secondo livello, non occupati e in cerca di lavoro, la quota di chi accetterebbe una retribuzione al più di 1.250 euro è pari, rispettivamente, al 38,1% e al 32,9%; tali valori risultano in calo, nell’ultimo anno, rispettivamente, di 8,9 e di 6,8 punti percentuali. Inoltre, si dichiara disponibile ad accettare un lavoro non coerente con gli studi il 76,9% dei laureati di primo livello e il 73,0% di quelli di secondo livello; anche in tal caso si tratta di valori in calo, nell’ultimo anno, rispettivamente di 5,9 e di 3,0 punti percentuali.
 

Retribuzione

I livelli retributivi dei laureati, osservati nel 2023, risultano in crescita in termini nominali. Tuttavia, a causa del mutato potere d’acquisto dovuto ai livelli di inflazione, in termini reali i livelli retributivi hanno subìto nel 2023 una contrazione generalizzata, confermando il quadro, già evidenziato lo scorso anno, di controtendenza rispetto agli aumenti registrati fino al 2021.

A un anno dal titolo, la retribuzione mensile netta media è pari a 1.384 euro per i laureati di primo livello e a 1.432 per quelli di secondo livello (-1,4% e -0,5% in termini reali, rispettivamente).

A cinque anni la retribuzione mensile netta media è pari a 1.706 euro per i laureati di primo livello e a 1.768 per quelli di secondo livello (-1,0% e -1,2% in termini reali, rispettivamente).
 

Tipologia dell’attività lavorativa

A un anno dal titolo, le forme di lavoro più diffuse, tra i laureati occupati sono i contratti alle dipendenze a tempo indeterminato (34,9% tra gli occupati di primo livello e 26,5% tra quelli di secondo livello), i contratti a tempo determinato (30,0% e 25,1%, rispettivamente) e i contratti formativi (17,5% e 25,0%, rispettivamente). Svolge invece un’attività in proprio il 10,1% degli occupati di primo livello e l’8,4% degli occupati di secondo livello.

Il confronto con le rilevazioni degli anni precedenti evidenzia, per entrambi i collettivi presi in esame, l’aumento dei contratti a tempo indeterminato (rispetto alla rilevazione del 2022, +3,0 punti percentuali per i laureati di primo livello e +3,3 punti per quelli di secondo livello) e la contrazione dei contratti formativi, soprattutto tra i laureati di secondo livello (-2,7 punti; -0,6 punti tra quelli di primo livello). I contratti a tempo determinato, invece, risultano in calo tra i laureati di primo livello (-1,1 punti percentuali) e stabili tra quelli di secondo livello. Sostanzialmente stabili, sia tra i laureati di primo livello sia tra quelli di secondo livello, le attività in proprio.

A cinque anni dal conseguimento del titolo, la quota di chi è assunto con un contratto a tempo indeterminato raggiunge il 72,7% tra i laureati di primo livello e il 52,6% tra quelli di secondo livello. È assunto con un contratto a tempo determinato l’8,8% dei laureati di primo livello e il 13,9% di quelli di secondo livello, mentre i contratti formativi coinvolgono rispettivamente il 4,1% e il 9,0% degli occupati. Le attività in proprio riguardano invece l’8,9% degli occupati di primo livello e ben il 17,3% di quelli di secondo livello.

Rispetto alla rilevazione del 2022 si registra un aumento sia del lavoro alle dipendenze a tempo indeterminato, soprattutto per i laureati di primo livello (+4,5 punti percentuali; +1,5 per quelli di secondo livello), sia delle attività in proprio (+1,0 e +0,6 punti, rispettivamente). I contratti a tempo determinato, invece, registrano una contrazione (-4,3 punti percentuali per i laureati di primo livello e -2,7 punti per quelli di secondo livello); per i contratti formativi, infine, si osserva una sostanziale stabilità tra i laureati di primo livello e un aumento (+1,2 punti percentuali) per quelli di secondo livello.
 

Lavoro all’estero

Tra i laureati di secondo livello con cittadinanza italiana, il lavoro all’estero riguarda il 4,0% degli occupati a un anno dalla laurea e il 5,5% degli occupati a cinque anni. La propensione alla mobilità internazionale per ragioni lavorative figura in lieve ripresa, in particolare tra gli occupati a cinque anni dal conseguimento del titolo. Tale ripresa, tuttavia, non è ancora tale da consentire il raggiungimento dei livelli pre-pandemici.

Un fattore da considerare, rispetto alla propensione a lavorare all’estero, è l’ambito disciplinare della laurea. Le più elevate quote di occupati all’estero sono osservate infatti tra i laureati dei gruppi scientifico (8,2% tra gli occupati a un anno e 11,7% tra quelli a cinque anni), linguistico (8,2% e 11,3%, rispettivamente), informatica e tecnologie ICT (7,9% e 13,7%), nonché tra i laureati del gruppo politico-sociale e comunicazione (5,9% e 7,7%) e ingegneria industriale e dell’informazione (5,8% e 10,1%).

Per quanto riguarda il genere, gli uomini si spostano all’estero più delle donne. I differenziali sono significativi, seppure contenuti: +1,2 punti percentuali tra i laureati del 2022 a un anno (la quota di occupati all’estero è pari al 4,7% per gli uomini e al 3,5% per le donne) e +2,3 punti tra i laureati del 2018 a cinque anni (le quote di occupati all’estero sono, rispettivamente, pari al 6,8% e al 4,5%).

Le retribuzioni medie percepite all’estero sono notevolmente superiori a quelle degli occupati in Italia: a un anno dalla laurea, i laureati di secondo livello trasferitisi all’estero percepiscono 2.174 euro mensili netti (+56,1% rispetto a chi è rimasto in Italia), 2.710 euro a cinque anni dalla laurea (+58,7%).

Per quel che riguarda l’ipotesi di rientro in Italia, il 38,4% degli occupati all’estero ritiene tale scenario molto improbabile e un ulteriore 30,5% poco probabile, quanto meno nell’arco dei prossimi cinque anni. Di contro, il 15,1% ritiene il rientro nel nostro Paese molto probabile. Infine, il 14,7% non è in grado di esprimere un giudizio.

 

Sintesi del Rapporto 2024

Focus sulla Mobilità internazionale

Comunicato stampa

Consulta i dati:

Convegno 2024

 

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