Giovani Neet e mondo del lavoro: come affrontare un fenomeno attuale e complesso

Li chiamano giovani Neet, dall’acronimo inglese Not in employment, education or training e sono l’insieme dei ragazzi e delle ragazze che non studiano, non lavorano e non stanno seguendo corsi di formazione di alcun tipo. Non una generazione apatica, di “sdraiati” come sarebbe fin troppo facile classificarli, ma un insieme di risorse che non sempre la società e il mondo del lavoro sono capaci di valorizzare. Un primato poco edificante che tocca soprattutto l’Italia, a livelli mediamente più elevati rispetto al resto d’Europa.

I Neet in Europa: i dati Eurostat sul fenomeno 

Secondo le recenti rilevazioni Eurostat, relative al 2022, la percentuale di giovani Neet in Italia è in generale elevata, del 23,1%, più che nel resto d’Europa in cui la media è del 10,8% (in miglioramento rispetto all’11,1% del 2020), tranne che nella Provincia autonoma di Bolzano, che si attesta al 10,5%. Le percentuali peggiori sono concentrate nelle Regioni del sud, soprattutto in Sicilia con il 30,2%, Campania con il 27,7% e Calabria con il 27,2%. In altre Regioni del centro e del nord la situazione non è molto più confortante. In Piemonte e nel Lazio sono il 17,7%, il 17,3% in Lombardia con un peggioramento di quasi due punti percentuali rispetto all’anno precedente, mentre in Emilia-Romagna sono il 13,5%. 
  
Sempre secondo i dati Eurostat, nel 2022 la percentuale di Neet nell’Unione Europea variava dal 4,2% nei Paesi Bassi al 19,8% in Romania, quindi quasi 5 volte di più. Nello stesso anno, un terzo dei paesi membri aveva già raggiunto l’obiettivo del 9% per il 2030: Paesi Bassi (4,2%), Svezia (5,7%), Malta (7,2%), Lussemburgo (7,4%), Danimarca (7,9%), Portogallo (8,4%), Slovenia (8,5%), Germania (8,6%) e Irlanda (8,7%).

Giovani Neet in Italia: il problema della formazione scolastica

Investire in modo mirato sul percorso scolastico può contribuire ad arginare il fenomeno dei Neet, perché una formazione adeguata risulta più coinvolgente e contrasta la dispersione scolastica. In questo senso, un Paese che sa offrire ai giovani nuovi stimoli, possibilità di formazione e occupazione, risulta maggiormente attrattivo, puntando non solo a generazioni con un livello culturale e di preparazione più elevato, ma anche a una maggiore vitalità economica e sociale, che guarda al futuro. 

Rispetto all’Italia, quali sono le ragioni di un numero così elevato di Neet? Un’indagine pubblicata su uno degli ultimi numeri dei Quaderni di Fondazione Italia Sociale ha cercato di scoprirlo. Una delle principali cause emerse è il fatto che, nel nostro Paese, troppi alunni ricevono indicazioni vaghe o non sufficienti in merito al percorso di scuola superiore. Manca un orientamento svolto da esperti, che sappiano supportare singolarmente i ragazzi nelle loro scelte, dopo averli aiutati a valutare i propri punti di forza, di debolezza e le proprie aspirazioni. Spesso questo compito è demandato alla famiglia, che non ha abbastanza competenze per farlo. Altro problema è la scarsa valorizzazione di scuole e corsi che permettano di acquisire anche competenze tecniche, le hard skill, allenando nel contempo quelle trasversali o soft skill, che completano non solo la figura professionale ma anche l’aspetto umano, rendendo una persona più pronta per il mercato del lavoro.

La spesa per l’istruzione in Italia e in Europa

Per inquadrare in modo più completo il fenomeno, tuttavia, occorre considerare anche che in Italia a fronte delle elevate percentuali di Neet troviamo una spesa pubblica per l’istruzione che è più bassa rispetto ad altri Stati in cui la dispersione scolastica è inferiore e i giovani non occupati sono molto meno. Nel 2021, secondo dati Istat, l’Italia ha speso infatti circa 8,8 miliardi di euro, pari al 4,1% del Pil, contro il 4,9% della media europea. Evidentemente è sia una questione di quanto si investe, ma anche di come si utilizzano le risorse pubbliche, che devono essere impiegate in modo mirato. 

Come sostenere l’occupazione giovanile?

Per favorire l’occupabilità dei giovani Neet, quindi, sono nate di recente iniziative che prevedono corsi di formazione sia per promuovere la ricerca attiva del lavoro, che per creare figure da inserire nei diversi ambiti professionali. 
Un esempio istituzionale è il pacchetto legislativo “A Bridge to Jobs” proposto dalla Commissione Europea qualche anno fa per sostenere l’occupazione giovanile e combattere l’aumento della disoccupazione nelle nuove generazioni. A partire dal 2021 sono stati messi a disposizione sostanziosi fondi per diversi miliardi di euro con questo obiettivo. 
Del resto, secondo gli esperti che studiano il fenomeno, è importante portare avanti progetti in grado di valorizzare i giovani, smettendo di considerarli come un’emergenza sociale o una categoria svantaggiata e iniziando invece a far leva sui loro interessi per stimolare impegno e curiosità. Istituzioni, imprese, iniziative di privati, associazioni hanno una grande responsabilità in questo e sono chiamati a creare opportunità e strumenti per far crescere i giovani.

In questo percorso è fondamentale anche la presenza di reti e dialogo tra imprese, mondo accademico e giovani, per superare il mismatch tra competenze offerte e richieste
Una realtà come AlmaLaurea srl è il ponte ideale per favorire questa relazione, con una serie di servizi che mira a individuare le competenze e a valorizzarle, per metterle in connessione con le imprese. Un esempio dei servizi offerti è il tour AL Lavoro, format di career fair che ha l’obiettivo di coniugare le attività di recruiting e l’employer branding delle aziende, oltre a supportare i laureandi e laureati nell’orientamento al lavoro.

Sei interessato a queste tematiche? Contattaci per la tua attività di recruiting! 
 

Vuoi rimanere aggiornato sui contenuti dedicati al mondo delle imprese?

Compila il form e iscriviti alla newsletter!