Dottorato di ricerca: studiare premia

Presentato all’Università di Camerino il Rapporto AlmaLaurea 2022 sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei Dottori di ricerca.

Il Rapporto AlmaLaurea sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei Dottori di ricerca, giunto alla sua settima edizione, è stato presentato martedì 13 settembre 2022 all’Università di Camerino nell’ambito del Convegno organizzato in collaborazione con il Ministero dell'Università e della Ricerca e con il patrocinio della CRUI - Conferenza dei Rettori delle Università Italiane.

Il Rapporto 2022 sul Profilo dei Dottori di ricerca di 33 Atenei, si basa su una rilevazione che coinvolge circa 4.300 dottori di ricerca del 2021 e restituisce un’approfondita fotografia delle loro principali caratteristiche.

Il Rapporto 2022 sulla Condizione occupazionale dei Dottori di ricerca di 45 Atenei si basa, invece, su un'indagine che riguarda circa 5.250 dottori di ricerca del 2020 (circa il 68,6% del complesso dei dottori di ricerca usciti dal sistema universitario italiano in quell’anno) e analizza i risultati occupazionali raggiunti nel 2021, a un anno dal conseguimento del titolo.

 

DATI DI CONFRONTO

L’Italia ha un numero di dottori di ricerca che è pari allo 0,5% della popolazione in età lavorativa, ossia di età 25-64 anni. Il confronto internazionale ci colloca agli ultimi posti: alle nostre spalle, infatti, troviamo solo Turchia, Lettonia e Messico. Negli ultimi anni, tra l’altro, il numero di dottori di ricerca in Italia è andato via via diminuendo: in termini assoluti, dagli oltre 10.000 del 2017 ai quasi 8.000 del 2021. Come evidenziato nel Rapporto ADI del 2019, tale riduzione è dovuta principalmente al calo del numero di posti banditi senza borsa di studio, anche se nei prossimi anni il PNRR punta ad incrementare gli investimenti su questo fronte.

 

RAPPORTO 2022 SUL PROFILO DEI DOTTORI DI RICERCA: I RISULTATI IN PRIMO PIANO

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CARATTERISTICHE DEI DOTTORI DI RICERCA

I dottori di ricerca del 2021 sono stati suddivisi in cinque aree disciplinari: il 27,6% dei dottori di ricerca fa parte dell’area di Scienze della vita, il 22,9% dell’area di Ingegneria, il 19,1% dell’area delle Scienze di base, il 16,8% dell’area delle Scienze umane e, infine, il 13,6% dell’area delle Scienze economiche, giuridiche e sociali.

Le linee guida del PNRR confermano la crescente attenzione verso i dottorati innovativi (internazionali, intersettoriali e interdisciplinari) che puntano a una migliore integrazione della ricerca con i bisogni del sistema produttivo nazionale, con i contesti internazionali e con una maggiore contaminazione delle discipline. Anche l’incremento, osservato nelle indagini AlmaLaurea, dei dottori che conseguono un titolo congiunto (joint degree) o un titolo doppio/multiplo (double/multiple degree) e dei dottori industriali è un altro indicatore che conferma questa crescente attenzione: il 13,5% dei dottori ha ottenuto un titolo congiunto o un titolo doppio/multiplo (joint degree o double/multiple degree); il 7,9% dei dottori di ricerca ha svolto un dottorato in collaborazione con le imprese (dottorato industriale o in alto apprendistato: leggi l’approfondimento).

Il 56,7% dei dottori di ricerca ha conseguito il dottorato nello stesso ateneo della laurea, il 30,3% in un ateneo italiano diverso da quello di conseguimento della laurea, il 12,7% dei dottori ha ottenuto la laurea in un ateneo estero.  

Tra i dottori di ricerca del 2021, la quota di cittadini stranieri, che comprende anche gli studenti che hanno frequentato uno o più livelli di istruzione in Italia, è complessivamente pari al 16,2%, mentre il 10,8% è un cittadino straniero che, dopo aver ottenuto un titolo universitario all’estero, si reca in Italia per frequentare il dottorato. Le nazionalità più rappresentate sono l’Iran, l’India e la Cina.

Gli studenti che decidono di iscriversi a un corso di dottorato hanno ottenuto, in media, buone performance nel percorso di studio precedente; il 68,8% dei dottori di ricerca, laureatisi in Italia, ha ottenuto 110 e lode nella laurea di secondo livello.

L’età media al dottorato di ricerca è pari a 32,6 anni e il 51,2% dei dottori ottiene il titolo di dottorato al massimo a 30 anni di età.

La ripartizione fra i generi è equilibrata: tra i dottori di ricerca del 2021 le donne rappresentano il 49,1%. Tuttavia, il confronto con i laureati di secondo livello coinvolti nell'indagine di AlmaLaurea conferma che più si sale nella scala dell'istruzione e meno sono le donne: tra i laureati, infatti, le donne sono il 59,4%. Inoltre, distintamente per area disciplinare si nota che la presenza femminile è molto inferiore nelle discipline STEM, coerentemente con quanto osservato tra i laureati.

Così come per i laureati di secondo livello, è confermata una forte selezione sulla base del contesto socio-culturale della famiglia di appartenenza. Rispetto ai laureati di secondo livello del 2021, infatti, è nettamente più elevata la quota dei dottori di ricerca che provengono da famiglie con almeno un genitore laureato: è il 44,2%, 9,6 punti percentuali in più di quello osservato per i laureati. Si osserva una situazione analoga analizzando il contesto socio-economico: il 31,1% dei dottori proviene da famiglie di estrazione elevata rispetto al 24,8% dei laureati di secondo livello.

MOTIVAZIONI PER L’ISCRIZIONE AL DOTTORATO E FRUIZIONE DI FINANZIAMENTI

Aveva intenzione di iscriversi al dottorato già al momento della laurea il 76,0% dei dottori di ricerca. Tra le motivazioni ritenute decisamente importanti per l’iscrizione vi sono: il miglioramento della propria formazione culturale e scientifica (83,3%), la possibilità di svolgimento di attività di ricerca e studio in ambito accademico (50,8%) e il miglioramento delle prospettive lavorative (41,1%).
La fruizione di finanziamenti per la frequenza del dottorato ha riguardato l’81,8% dei dottori di ricerca.

ATTIVITÀ SVOLTE DURANTE IL DOTTORATO

Tra i dottori di ricerca, l’81,0% dichiara di aver partecipato, abitualmente per almeno un anno, ad attività formative strutturate all’interno del proprio corso di dottorato.
Il 50,6% dei dottori di ricerca ha svolto un periodo di studio/ricerca all’estero e per il 32,8% di questi la durata dell’esperienza ha superato i 6 mesi. La soddisfazione complessiva dei dottori per l’esperienza all’estero è pari, in media, a 8,7 su una scala 1-10.
Il 33,1% dei dottori dichiara di aver dedicato alla ricerca oltre 40 ore a settimana (il 10,0% ha dedicato alla ricerca più di 50 ore alla settimana) e il 77,5% dei dottori è stato coinvolto in gruppi di ricerca.
Infine l’86,6% dei dottori ha realizzato almeno una pubblicazione e, tra questi, l’85,6% l’ha realizzata in inglese.

VALUTAZIONE DEL DOTTORATO E PROSPETTIVE FUTURE

Il 65,7% dei dottori di ricerca del 2021 dichiara che, potendo tornare indietro al momento dell’iscrizione, si iscriverebbe nuovamente allo stesso corso di dottorato e allo stesso ateneo.

Un elemento importante da mettere in luce riguarda la quota di chi, potendo tornare indietro, seguirebbe un dottorato all’estero: è il 17,2%, percentuale che sale al 19,0% per i dottori dell’area di Ingegneria. La percezione che gli atenei esteri rappresentino un’alternativa rispetto a quelli italiani è ancora più radicata per coloro che hanno sperimentato un’esperienza di studio all’estero nel periodo del dottorato.
Inoltre, il 67,9% dei dottori ritiene che per il proprio settore disciplinare ci siano maggiori opportunità lavorative all’estero. Solo l’8,2% dei dottori ritiene invece di avere maggiori opportunità di affermarsi in Italia.

Le intenzioni professionali, dopo il dottorato, variano significativamente in base all’area disciplinare. In generale il 39,1% pensa di intraprendere la carriera accademica, in Italia o all’estero, il 15,0% vorrebbe ricoprire una posizione di alta professionalità alle dipendenze, nel settore pubblico o privato, mentre il 14,6% vorrebbe continuare a svolgere attività di ricerca in una struttura non accademica, in Italia o all’estero.
 

RAPPORTO 2022 SULLA CONDIZIONE OCCUPAZIONALE DEI DOTTORI DI RICERCA: I RISULTATI IN PRIMO PIANO

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CONDIZIONE OCCUPAZIONALE A UN ANNO DAL CONSEGUIMENTO DEL DOTTORATO DI RICERCA

A un anno dal conseguimento del titolo di dottore di ricerca, il tasso di occupazione è complessivamente pari al 90,9%; tale valore risulta in aumento di 1,9 punti percentuali rispetto a quanto rilevato nel periodo pre-pandemico, ossia nel 2019 sui dottori di ricerca del 2018. I livelli occupazionali dei dottori di ricerca risultano decisamente più elevati di quelli registrati tra i laureati di secondo livello (74,6% e 88,5% rispettivamente a uno e cinque anni dal titolo per i laureati), evidenziando che la formazione post-laurea rappresenta un valore aggiunto e una tutela contro la disoccupazione.
Nel complesso, anche tra i dottori di ricerca si confermano le differenze di genere evidenziate da AlmaLaurea nell’indagine sui laureati, seppure risultino più contenute: a un anno dal conseguimento del titolo di dottore di ricerca il tasso di occupazione è pari al 91,7% per gli uomini e al 90,2% per le donne (+1,5 punti percentuali a favore degli uomini; tra i laureati di secondo livello: +6,5 punti a un anno e + 4,2 punti a cinque anni, punti sempre a favore degli uomini).

CARATTERISTICHE DEL LAVORO SVOLTO A UN ANNO DAL CONSEGUIMENTO DEL DOTTORATO DI RICERCA

L’82,8% degli occupati svolge una professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione: in particolare, il 43,8% è un ricercatore o tecnico laureato nell'università, mentre il restante 39,0% svolge un’altra professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione. Risultano decisamente contenute le quote di occupati che svolgono altre professioni.

L’analisi di genere mostra una maggiore diffusione di professioni a elevata specializzazione tra gli uomini (84,2%) rispetto alle donne (81,4%), e in particolare di ricercatori e tecnici laureati, ossia di coloro che, verosimilmente, sono orientati alla carriera accademica (47,5% tra gli uomini e 40,2% tra le donne). Tali tendenze sono confermate in tutte le aree disciplinari, pur se con diversa intensità. Seppure i dati di AlmaLaurea siano circoscritti alla situazione occupazionale a un anno dal conseguimento del titolo, emerge con forza la sottorappresentazione delle donne in ambito accademico.

Per quanto riguarda il settore di lavoro, il 65,8% dei dottori di ricerca è occupato, a un anno dal titolo, nel pubblico, il 31,6% nel privato, mentre il restante 2,4% è occupato nel settore non profit.

Il 13,6% dei dottori di ricerca, a un anno dal titolo, lavora all'estero, un valore che oscilla tra il 9,6% dei cittadini italiani e il 46,2% dei cittadini esteri. Da quest’ultimo dato emerge dunque che il nostro Paese trattiene, per motivi di lavoro, oltre la metà (53,2%) dei dottori di ricerca con cittadinanza estera.

I livelli retributivi dei dottori di ricerca sfiorano, nel 2021, i 1.800 euro mensili netti (1.784 euro) e risultano in aumento del 3,1% rispetto a quanto rilevato nel 2019. Anche in termini retributivi i dottori di ricerca risultano avvantaggiati rispetto ai laureati di secondo livello a un anno dalla laurea (+26,8%, 1.407 euro), ma anche rispetto a quelli a cinque anni (+9,1%, 1.635 euro).
In termini di differenze di genere, gli uomini percepiscono una retribuzione del 7,6% più elevata rispetto alle donne (1.849 rispetto a 1.719 euro).  

La valutazione che i dottori di ricerca hanno dato circa la soddisfazione per il proprio lavoro è positiva: complessivamente pari a 8,1 in media, su una scala da 1 a 10, con differenze molto contenute tra le diverse aree disciplinari.

Già a un anno dal conseguimento del dottorato l’efficacia del titolo, nella percezione dei dottori, è complessivamente buona. Il 71,9% ritiene che il titolo di dottore sia almeno efficace (ovvero “molto efficace o efficace”, valore in aumento di 4,9 punti percentuali rispetto a quanto osservato nella rilevazione del 2019); il 19,5% degli occupati dichiara che il titolo è “abbastanza efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro (+1,0 punti), mentre l’8,7% ritiene che sia “poco o per nulla efficace” (in calo di 5,9 punti rispetto al 2019).

 

Sintesi dei risultati

Comunicato stampa