Il Rapporto AlmaLaurea sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei Dottori di ricerca, giunto alla sua nona edizione, è stato presentato venerdì 29 novembre 2024 all’Università degli Studi di Macerata nell’ambito del Convegno organizzato in collaborazione con il Ministero dell'Università e della Ricerca e con il patrocinio della CRUI - Conferenza dei Rettori delle Università Italiane.
Il Rapporto 2024 sul Profilo dei Dottori di Ricerca si basa su una rilevazione che coinvolge circa 6.100 dottori di ricerca del 2023 di 43 Atenei e restituisce un’approfondita fotografia delle loro principali caratteristiche.
Il Rapporto 2024 sulla Condizione occupazionale dei Dottori di Ricerca si basa, invece, su un'indagine che riguarda oltre 6.800 dottori di ricerca del 2022 di 54 Atenei e analizza i risultati occupazionali raggiunti nel 2023, a un anno dal conseguimento del titolo. Se si prende a riferimento la popolazione coinvolta nell’indagine AlmaLaurea sulla Condizione occupazionale, si evidenzia che essa costituisce circa l’80% del complesso dei dottori di ricerca usciti dal sistema universitario italiano in quell’anno.
DATI DI CONFRONTO
L’Italia ha un numero di dottori di ricerca che è pari allo 0,6% della popolazione in età lavorativa, ossia di età 25-64 anni. Il confronto internazionale ci colloca agli ultimi posti: alle nostre spalle troviamo solo Ungheria (0,5%, unico Paese Europeo dopo l’Italia), Turchia (0,5%), Lettonia (0,5%), Cile (0,3%) e Messico (0,1%). Nel decennio 2012-2022 il numero di dottori di ricerca in Italia è andato via via diminuendo (dagli 11.600 del 2012 agli 8.700 del 2022). Negli ultimi due anni, il dato è in ripresa e il forte incremento degli accessi al dottorato nel triennio 2021-2023, legato anche ai finanziamenti nell’ambito del PNRR, pone le basi per un prossimo ulteriore aumento del numero dei dottori.
RAPPORTO 2024 SUL PROFILO DEI DOTTORI DI RICERCA: I RISULTATI IN PRIMO PIANO
CARATTERISTICHE DEI DOTTORI DI RICERCA
I dottori di ricerca del 2023 sono stati suddivisi in cinque aree disciplinari: il 29,5% dei dottori di ricerca fa parte dell’area di scienze della vita, il 20,6% dell’area delle scienze di base, il 19,7% dell’area di ingegneria, il 16,3% dell’area delle scienze umane e, infine, il 13,8% dell’area delle scienze economiche, giuridiche e sociali. È interessante notare che oltre la metà dei dottori di ricerca del 2023 (53,7%) proviene da un corso di laurea nell’ambito STEM.
Le linee guida del PNRR confermano la crescente attenzione verso i dottorati innovativi (internazionali, intersettoriali e interdisciplinari) che puntano a una migliore integrazione della ricerca con i bisogni del sistema produttivo nazionale, con i contesti internazionali e con una maggiore contaminazione delle discipline. Questa crescente attenzione è confermata anche da alcune tendenze osservate nelle indagini AlmaLaurea. Il 13,6% dei dottori di ricerca del 2023 dichiara di aver ottenuto un titolo congiunto (joint degree) o un titolo doppio/multiplo (double/multiple degree), mentre era l’8,5% nel 2019. Inoltre, il 6,9% dei dottori del 2023 ha affermato di aver svolto un dottorato in collaborazione con le imprese (dottorato industriale/dottorato in alto apprendistato: leggi l'approfondimento). Questo dato è in aumento rispetto al 2019 (5,0%), seppur in calo rispetto al 2022 (8,3%).
Tra i dottori di ricerca del 2023, la quota di cittadini stranieri, che comprende anche gli studenti che hanno frequentato uno o più livelli di istruzione in Italia, è complessivamente pari al 15,2% (valore decisamente superiore a quello rilevato per i laureati di secondo livello del 2023, il 6,5%). Invece, il 9,5% è un cittadino straniero che, dopo aver ottenuto un titolo universitario all’estero, si reca in Italia per frequentare il dottorato. Le nazionalità più rappresentate sono la Cina, l’India e l’Iran.
L’età media al dottorato di ricerca è pari a 32,4 anni; tuttavia oltre la metà dei dottori del 2023 ottiene il titolo al massimo a 30 anni di età (leggi l'approfondimento). Nel confronto internazionale (fonte OECD), l’età al conseguimento del dottorato in Italia è tra le più basse dei paesi Ocse.
La ripartizione fra i generi è equilibrata: tra i dottori di ricerca del 2023 le donne rappresentano il 48,5%, un valore in linea con la più recente documentazione MUR relativa all’anno 2022. Tuttavia, il confronto con i laureati di secondo livello coinvolti nell'indagine di AlmaLaurea conferma che più si sale nella scala dell'istruzione e meno sono le donne: tra i laureati, infatti, le donne sono il 60,2%. Inoltre, si nota che la presenza femminile è molto inferiore nelle discipline STEM, coerentemente con quanto osservato tra i laureati.
È confermata una forte selezione sulla base del contesto socio-culturale della famiglia di appartenenza. La quota dei dottori di ricerca che provengono da famiglie con almeno un genitore laureato è del 45,1% (oltre 11 punti percentuali in più di quanto osservato per i laureati di secondo livello del 2023). Situazione analoga analizzando il contesto socio-economico: il 32,3% dei dottori proviene da famiglie di estrazione elevata rispetto al 24,2% dei laureati di secondo livello.
MOTIVAZIONI PER L’ISCRIZIONE AL DOTTORATO E FRUIZIONE DI FINANZIAMENTI
Aveva intenzione di iscriversi al dottorato già al momento della laurea il 76,4% dei dottori di ricerca. Tra le motivazioni ritenute decisamente importanti per l’iscrizione vi sono: il miglioramento della propria formazione culturale e scientifica dal punto di vista personale (80,6%), la possibilità di svolgimento di attività di ricerca e studio in ambito accademico (52,1%) e il miglioramento delle prospettive lavorative (40,1%).
La fruizione di finanziamenti per la frequenza del dottorato ha riguardato l’81,8% dei dottori di ricerca.
ATTIVITÀ SVOLTE DURANTE IL DOTTORATO
Tra i dottori di ricerca, il 79,3% dichiara di aver partecipato, abitualmente per almeno un anno, ad attività formative strutturate all’interno del proprio corso di dottorato.
Il 49,3% dei dottori di ricerca ha svolto un periodo di studio/ricerca all’estero e per il 28,1% di questi la durata dell’esperienza ha superato i 6 mesi. La soddisfazione complessiva dei dottori per l’esperienza all’estero è pari, in media, a 8,6 su una scala 1-10.
Il 33,5% dei dottori dichiara di aver dedicato alla ricerca oltre 40 ore a settimana (il 10,1% ha dedicato alla ricerca più di 50 ore alla settimana) e il 78,4% dei dottori è stato coinvolto in gruppi di ricerca. Infine, l’87,4% dei dottori ha realizzato almeno una pubblicazione e l’87,5% ha realizzato pubblicazioni in inglese.
VALUTAZIONE DEL DOTTORATO E PROSPETTIVE FUTURE
Per analizzare la soddisfazione per l’esperienza di dottorato appena conclusa si è scelto di prendere in considerazione l’opinione espressa dal complesso dei dottori in merito ad alcuni aspetti. L’acquisizione di nuove competenze e abilità specifiche ha ottenuto in media un punteggio di 8,0 su scala 1-10; l’approfondimento di contenuti teorici 7,7 e la padronanza di tecniche di ricerca 7,8.
Il 63,2% dei dottori di ricerca dichiara che, potendo tornare indietro al momento dell’iscrizione, si iscriverebbe nuovamente allo stesso corso di dottorato e presso lo stesso ateneo. Il 3,5% rifarebbe un altro dottorato nello stesso ateneo, il 6,1% un dottorato in un altro ateneo italiano, il 18,0% si iscriverebbe ad un dottorato all’estero e l’8,2% non si iscriverebbe più ad un dottorato.
Il 68,0% dei dottori ritiene che per il proprio settore disciplinare ci siano maggiori opportunità lavorative all’estero. Solo l’8,2% dei dottori ritiene invece di avere maggiori opportunità di affermarsi in Italia.
RAPPORTO 2024 SULLA CONDIZIONE OCCUPAZIONALE DEI DOTTORI DI RICERCA: I RISULTATI IN PRIMO PIANO
CONDIZIONE OCCUPAZIONALE A UN ANNO DAL CONSEGUIMENTO DEL DOTTORATO DI RICERCA
A un anno dal conseguimento del titolo di dottore di ricerca, il tasso di occupazione è complessivamente pari al 91,5%; tale valore risulta in aumento sia rispetto all’indagine del 2022 (+0,6 punti percentuali) sia, e soprattutto, rispetto a quanto rilevato nel periodo pre-pandemico, ossia nel 2019 (+2,5 punti percentuali).
I livelli occupazionali dei dottori di ricerca risultano decisamente più elevati di quelli registrati tra i laureati di secondo livello, evidenziando che la formazione post-laurea rappresenta un valore aggiunto e una tutela contro la disoccupazione.
Nel complesso, anche tra i dottori di ricerca si confermano le differenze di genere evidenziate da AlmaLaurea nell’indagine sui laureati, seppure risultino più contenute: a un anno dal conseguimento del titolo di dottore di ricerca il tasso di occupazione è pari al 93,0% per gli uomini e al 90,1% per le donne (+2,9 punti percentuali a favore degli uomini; tra i laureati di secondo livello: +6,4 punti a un anno e + 3,4 punti a cinque anni, punti sempre a favore degli uomini).
CARATTERISTICHE DEL LAVORO SVOLTO A UN ANNO DAL CONSEGUIMENTO DEL DOTTORATO DI RICERCA
L’84,9% degli occupati svolge una professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione: in particolare, il 48,1% è un ricercatore o tecnico laureato nell'università, mentre il restante 36,8% svolge un’altra professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione. Risultano decisamente contenute le quote di occupati che svolgono altre professioni.
Le professioni a elevata specializzazione riguardano l’86,0% degli uomini e l’83,8% delle donne; si tratta in larga parte di ricercatori e tecnici laureati, ossia di coloro che, verosimilmente, sono orientati alla carriera accademica (49,3% tra gli uomini e 47,0% tra le donne). Tali tendenze sono confermate in tutte le aree disciplinari, pur se con diversa intensità.
Per quanto riguarda il settore di lavoro, il 67,7% dei dottori di ricerca è occupato, a un anno dal titolo, nel settore pubblico, il 29,6% in quello privato, mentre il restante 2,7% è occupato nel settore non profit.
Il 13,7% dei dottori di ricerca lavora, a un anno dal titolo, all'estero, un valore che raggiunge il massimo (20,8%) tra i dottori di ricerca in scienze di base. Tale quota inoltre oscilla tra l’8,3% dei cittadini italiani e il 49,3% dei cittadini esteri. Da quest’ultimo dato emerge dunque che il nostro Paese trattiene, per motivi di lavoro, circa la metà dei dottori di ricerca con cittadinanza estera.
I livelli retributivi dei dottori di ricerca raggiungono, nel 2023, i 1.900 euro mensili netti. In termini nominali, ossia considerando i valori effettivamente raccolti dalle dichiarazioni dei dottori di ricerca, i livelli retributivi risultano in crescita negli anni più recenti. Tuttavia, a causa dei livelli di inflazione registrati nel 2023, che hanno modificato profondamente il potere d’acquisto, le retribuzioni mensili risultano in calo, in termini reali, sia rispetto al 2022 (-1,7%) sia rispetto al 2019 (-3,5%). La contrazione dei livelli reali delle retribuzioni è in linea con quanto osservato nell’analoga indagine sui laureati. È pur vero che i livelli retributivi dei dottori di ricerca risultano nettamente più elevati rispetto a quanto osservato sia, e soprattutto, tra i laureati di secondo livello a un anno dalla laurea (+32,8%, 1.432 euro), sia tra quelli a cinque anni (+7,6%, 1.768 euro).
In termini di differenze di genere, gli uomini percepiscono una retribuzione dell’8,3% più elevata rispetto alle donne (1.980 rispetto a 1.828 euro).
La valutazione che i dottori di ricerca hanno dato circa la soddisfazione per il proprio lavoro è positiva: complessivamente pari a 8,0 in media, su una scala da 1 a 10, con differenze molto contenute tra le diverse aree disciplinari.
Già a un anno dal conseguimento del dottorato l’efficacia del titolo, nella percezione dei dottori, è complessivamente buona. Il 73,3% degli occupati ritiene che il titolo di dottore sia almeno efficace (ovvero “molto efficace o efficace”) per lo svolgimento del proprio lavoro. Si tratta di una quota in calo di -3,4 punti percentuali rispetto all’indagine dello scorso anno, ma in aumento di +6,3 punti rispetto a quanto osservato nella rilevazione del 2019. Il 16,6% degli occupati dichiara che il titolo è “abbastanza efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro (+0,6 punti rispetto al 2022 e -1,9 punti rispetto al 2019), mentre il 10,1% ritiene che sia “poco o per nulla efficace” (+2,8 punti rispetto al 2022 e -4,5 punti rispetto al 2019).
Approfondimenti:
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