In occasione della presentazione dell’annuale Rapporto su Profilo e Condizione occupazionale dei laureati, (XXII edizione), avvenuta l’11 giugno 2020 in streaming dal Ministero dell’Università e della Ricerca, AlmaLaurea ha per la prima volta analizzato i dati parziali dell’anno in corso (da marzo a giugno 2020) raccolti sulla condizione occupazionale dei laureati per fotografare la situazione contingente, con particolare riferimento al periodo di lockdown causato dall’emergenza Covid-19.
Indice
- Laureati e lavoro: i dati
- Tendenze del mercato del lavoro nei primi mesi del 2020: alcune riflessioni basate sulla banca-dati AlmaLaurea
- Principali risultati del questionario somministrato per l’emergenza Covid-19
LAUREATI E LAVORO: I DATI
L’indagine parziale sulla condizione occupazionale dei laureati ha raccolto le risposte di:
- 46mila laureati del periodo gennaio-giugno 2019, di primo e di secondo livello, a un anno dal titolo;
- circa 19mila laureati del periodo gennaio-giugno 2015, di secondo livello, contattati a cinque anni dal titolo.
I dati analizzati evidenziano abbastanza chiaramente come siano in particolare i neo-laureati (intervistati a un anno dal titolo) ad aver accusato il colpo legato alle conseguenze dell’epidemia di Covid-19. I laureati a cinque anni dal titolo, invece, essendo già inseriti nel mercato del lavoro da tempo, hanno registrato esiti occupazionali che non paiono, allo stato, risentire particolarmente dell’attuale situazione emergenziale. Inoltre è soprattutto tra le fasce “deboli” della popolazione di laureati che si rilevano gli esiti occupazionali più preoccupanti: anche se sono presenti alcune differenze tra laureati di primo livello e di secondo livello, il Sud del nostro Paese e, soprattutto, le donne evidenziano in generale i segnali di peggioramento più forti.
Concentrando l’attenzione sui neo-laureati (intervistati a un anno dal titolo), nei primi mesi del 2020 il tasso di occupazione è pari al 65,0% tra i laureati di primo livello e al 70,1% tra i laureati di secondo livello. Rispetto alla rilevazione del 2019, entrambe le quote sono in calo: rispettivamente, -9,0 punti e -1,6 punti percentuali. I differenziali di genere e territoriali, peraltro, risultano tendenzialmente accentuati rispetto al 2019.
L’analisi del tasso di disoccupazione conferma, ancor più nettamente, le considerazioni fin qui sviluppate. I primi dati del 2020 mostrano, a un anno dal conseguimento del titolo, un tasso di disoccupazione pari al 18,7% tra i laureati di primo livello e al 15,4% tra i laureati di secondo livello. Rispetto all’indagine del 2019 si registra un significativo aumento: +4,5 e +1,6 punti percentuali, rispettivamente.
Sempre a un anno dal titolo, la retribuzione mensile netta è, in media, pari a 1.177 euro per i laureati di primo livello e a 1.261 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto alla rilevazione del 2019 le retribuzioni a un anno risultano in tendenziale calo: -2,8% per i laureati di primo livello, -1,9% per quelli di secondo livello. In generale le retribuzioni risultano in diminuzione sia per gli uomini sia per le donne, sia al Nord sia al Sud, con donne e Sud comunque più svantaggiati: gli uomini mostrano rispetto alle loro colleghe un +19,1% per il primo livello e +18,3% per il secondo livello, mentre tra gli occupati del Nord, rispetto a quelli del Sud, si rileva un +17,9% per il primo livello e +23,1% per il secondo livello.
Per ciò che riguarda l’efficacia della laurea nell’attività lavorativa, i primi dati del 2020 mostrano che per il 50,5% dei laureati di primo livello e per il 61,9% dei laureati di secondo livello, occupati a un anno dal titolo, la laurea risulta “molto efficace o efficace”. Rispetto alla rilevazione del 2019 i livelli di efficacia risultano in calo tra i laureati di primo livello, -7,8 punti, e leggermente in aumento per quelli di secondo livello, +0,4 punti.
TENDENZE DEL MERCATO DEL LAVORO NEI PRIMI MESI DEL 2020: ALCUNE RIFLESSIONI BASATE SULLA BANCA-DATI ALMALAUREA
La banca dati dei curricula della rete AlmaLaurea - che comprende sia l’attività svolta da AlmaLaurea srl sia quella degli Uffici placement degli Atenei aderenti che utilizzano la piattaforma messa a disposizione gratuitamente dal Consorzio - rappresenta un interessante osservatorio per monitorare l’andamento della domanda di laureati in questo periodo di crisi pandemica. Infatti, la banca dati contiene attualmente 3,1 milioni di curricula di laureati, che hanno ottenuto il titolo in una delle 76 università che fanno parte del Consorzio. Nel 2019 sono stati richiesti dalle imprese oltre 1milione di CV, e le imprese che si rivolgono alla rete AlmaLaurea sono state circa 16.000 nel 2019 e nel 2020.
Nel mese di gennaio 2020 sono stati richiesti, dalle imprese che si sono rivolte alla rete AlmaLaurea, oltre 100mila cv: +15,1% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. L’anno 2020 si è dunque avviato sotto i migliori presupposti. Segnali di contrazione delle dinamiche di richiesta di laureati da parte delle imprese si colgono in tutti i primi mesi del 2020. Anche se la contrazione nel mese di maggio 2020 è elevata se confrontata con il corrispondente mese del 2019, si rileva comunque una ripresa delle richieste dei CV in seguito alla fine del lockdown e al corrispondente avvio della Fase 2. La repentina contrazione delle richieste dei CV dalla banca-dati è trasversale e riguarda tutti i tipi di corso, le aree territoriali, i gruppi disciplinari (con la sola eccezione del gruppo medico) e tutti i tipi di imprese, indipendentemente dalla dimensione o dalla localizzazione territoriale.
Analizzando le offerte di lavoro pubblicate nella bacheca degli annunci della rete AlmaLaurea, nel mese di gennaio 2020 sono stati pubblicati 5.920 annunci: +6,5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. I segnali di arresto si rilevano soprattutto tra marzo e maggio 2020. Anche in tal caso, la contrazione è trasversale e riguarda tutti i settori economici a cui si rivolgono gli annunci e tutte le forme contrattuali offerte.
PRINCIPALI RISULTATI DEL QUESTIONARIO SOMMINISTRATO PER L’EMERGENZA COVID-19
L’emergenza pandemica vissuta in questi mesi ha imposto una profonda revisione delle nostre abitudini di studio, lavoro e vita. Per questo motivo AlmaLaurea ha voluto approfondire questa particolare fase storica con un’indagine ad hoc.
La rilevazione integrativa ha riguardato 810 laureati di primo livello, che hanno proseguito gli studi magistrali in un Ateneo italiano, e 1.003 laureati di secondo livello del 2019, intervistati a un anno dal conseguimento del titolo, e 932 laureati del 2015, contattati a cinque anni dalla laurea.
Dall’indagine è emerso che il 74,5% degli studenti di secondo livello iscritti ad un Ateneo italiano è riuscito, durante il periodo di emergenza sanitaria, a seguire gran parte delle lezioni, e il 40,1% è riuscito a sostenere, almeno in parte, gli esami programmati.
Il 50,9% degli studenti di secondo livello ritiene che l’emergenza vissuta in questo periodo non avrà alcun effetto negativo sul proprio percorso universitario (tra questi, un 3,1% ritiene potrà avere addirittura un effetto positivo). Gli uomini sono più ottimisti delle donne, le quali sono preoccupate soprattutto per il ritardo che potrebbero subire.
Quasi tutti gli occupati hanno sperimentato effetti sulla propria attività lavorativa, in particolare per l’adozione dello smart working, che ha coinvolto soprattutto i laureati occupati nel settore pubblico e nei servizi.
Ai laureati di secondo livello sono stati posti quesiti volti ad approfondire la situazione lavorativa, in questa situazione sanitaria emergenziale, e le prospettive per il futuro lavorativo. A un anno dal conseguimento del titolo la quasi totalità (94,8%) dei laureati di secondo livello occupati ha sperimentato effetti sulla propria attività lavorativa, in particolare per l’adozione dello smart working, che ha coinvolto il 33,8% dei laureati, soprattutto quelli occupati nel settore pubblico e nei servizi.
Il quadro a cinque anni dal conseguimento del titolo non si modifica in modo sostanziale. A cinque anni dal titolo, anche in virtù dell’aumento del peso dei lavoratori autonomi, è invece apprezzabile, e pari al 12,9%, la quota di chi ha vissuto una modifica del tipo di attività aziendale (tra cui la riconversione dell’attività).
Lo smart working, seppure vissuto con sensazioni spesso negative, rappresenta una modalità di lavoro alternativa a quella tradizionale: per la maggior parte non intacca né produttività né rapporti umani. Però non è detto che sia sostenibile nel lungo periodo
Focalizzando l’attenzione sugli occupati che, a un anno dal titolo, hanno lavorato in smart working, solo una minoranza (39,3%) descrive tale esperienza utilizzando aggettivi positivi: le emozioni più frequentemente espresse sono fortunato e motivato. La maggioranza (59,0%) ha invece percepito lo smart working in modo negativo, utilizzando aggettivi quali stressato, alienato, frustrato. Tali tendenze sono confermate quando si considerano i laureati occupati a cinque anni dal titolo
Cosa ci si aspetta dallo smart working nel futuro, superata la fase emergenziale? Il 69,4% dei laureati ritiene che la modalità di lavoro in smart working sia sostenibile solo in alcuni specifici settori, il 5,4% ritiene che sia sostenibile in tutti i settori, mentre il 25,2% ritiene che sia una strada per nulla sostenibile in futuro. A cinque anni dalla laurea tali quote sono, rispettivamente, pari al 65,2%, al 2,6% e al 32,3%.
C’è ottimismo rispetto al prossimo futuro? Rispetto alla possibilità di tornare, entro i prossimi 6 mesi, alle modalità di lavoro precedenti all’emergenza pandemica, è possibile rilevare maggior ottimismo tra i neo-laureati a un anno dal titolo. A cinque anni dalla laurea gli occupati hanno una visione un po’ meno rosea del prossimo futuro, dovuta probabilmente ad un bagaglio esperienziale maturato in questi anni dai laureati di più lunga data, tra crisi economica e modesta ripresa del mercato del lavoro.
Da crisi a opportunità: cosa lascerà, questa crisi epidemiologica, sui laureati e quali ripercussioni ci saranno nelle proprie opportunità lavorative? Indipendentemente dalla propria situazione occupazionale, il 51,3% dei laureati di secondo livello a un anno dal titolo ritiene molto probabile che questa situazione avrà delle ripercussioni sulle proprie opportunità lavorative, quanto meno nell’arco dei prossimi sei mesi; il 34,5% lo ritiene poco probabile mentre il 13,9% lo valuta molto improbabile. A cinque anni dalla laurea la percezione non si modifica in misura sostanziale: le percentuali sono, rispettivamente, 47,6%, il 35,7% e 16,1%.
E in termini di competenze, ne serviranno di nuove passata l’emergenza? Tra i laureati a un anno dal titolo, il 43,1% lo ritiene molto probabile, il 40,4% poco probabile, mentre il 16,1% molto improbabile. Tanto che per il 61,3% dei laureati tale situazione ha permesso di sperimentare o acquisire nuove competenze utili al proprio futuro lavorativo. Anche a cinque anni dal titolo i valori sono sostanzialmente gli stessi (per quanto riguarda la richiesta di nuove competenze: 42,0%, 41,0% e 17,0%; per quanto riguarda la sperimentazione o acquisizione di nuove competenze: 62,8%).
Approfondimenti: primi mesi del 2020
Dati della rilevazione parziale marzo-giugno 2020