Il Rapporto 2019 sulla Condizione occupazionale e formativa dei diplomati di scuola secondaria di secondo grado, realizzato dall'Associazione di Scuole AlmaDiploma e dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, è stato presentato nel corso del convegno patrocinato dal comune di Firenze “Esiti a distanza e Profilo dei Diplomati - Indagini 2018. Percorsi di orientamento e scelte nella scuola secondaria di I e II grado”.
Fotografa le scelte compiute dai diplomati alla conclusione della scuola secondaria di secondo grado in termini di performance universitarie e lavorative nell’immediato (a un anno) e in un più lungo periodo (a tre anni).
Studio e lavoro a un anno dal diploma
Il Rapporto, che ha riguardato quasi 85 mila diplomati del 2017 e del 2015, nello specifico, ha coinvolto oltre 47 mila diplomati del 2017, contattati a un anno dal diploma, e 37 mila diplomati del 2015, contattati a tre anni.
Alla vigilia della conclusione degli studi il 56,0% dei diplomati del 2017 dichiara che, potendo tornare indietro, sceglierebbe lo stesso corso nella stessa scuola, mentre il restante 43,9% compierebbe una scelta diversa: il 23,7% dei diplomati cambierebbe sia scuola sia indirizzo, l’11,6% ripeterebbe il corso ma in un’altra scuola, l’8,6% sceglierebbe un diverso indirizzo nella stessa scuola.
A un anno dal diploma, il 66,8% dei diplomati prosegue la propria formazione ed è iscritto ad un corso di laurea (il 51,1% ha optato esclusivamente per lo studio, il 15,7% frequenta l’università lavorando); il 19,8% ha preferito inserirsi direttamente nel mercato del lavoro. La restante quota, infine, si divide tra chi è alla ricerca attiva di un impiego (8,3%) e chi invece, per motivi vari (tra cui formazione non universitaria, motivi personali o l’attesa di chiamata per un lavoro già trovato), non cerca un lavoro (5,1%). A tre anni dal diploma aumenta la quota di occupati: è dedito esclusivamente al lavoro il 24,6% dei diplomati, è impegnato contemporaneamente nello studio e nel lavoro il 20,4% dei diplomati, mentre si dedica esclusivamente agli studi il 46,6% degli intervistati. Limitata dunque la restante parte: il 5,3% è alla ricerca attiva di un impiego, mentre il 3,4% non cerca un lavoro.
ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO E STAGE: CHI LI HA FATTI HA IL 40,6% IN PIU’ DI CHANCE DI TROVARE LAVORO
Dall’Indagine emerge che le attività di Alternanza scuola-lavoro e stage, svolte durante gli studi o nel periodo successivo al conseguimento del diploma, esercitano un effetto positivo in termini occupazionali. Per quanto riguarda le attività di Alternanza scuola-lavoro e stage durante gli studi si evidenzia che chi ha svolto questo tipo di esperienza, rispetto a chi non lo ha fatto, ha il 40,6% in più di probabilità di lavorare; la probabilità è pari al 70,9% in più se si considerano le esperienze di stage svolte in azienda dopo il conseguimento del diploma.
Uno specifico approfondimento attiene alle attività di Alternanza Scuola-Lavoro, che consentono ai ragazzi di realizzare il proprio percorso formativo alternando periodi di studio in aula e forme di apprendimento in contesti lavorativi ed esperienze di stage, attivati sulla base di convenzioni fra scuola e azienda e che consistono nel trascorrere un periodo di tempo all’interno di una realtà lavorativa esterna alla scuola. L’Alternanza Scuola-Lavoro non sembra essere un’esperienza isolata, che termina con il diploma, ma spesso si traduce in un rapporto di lavoro con l’azienda presso cui lo studente ha svolto i periodi lavorativi previsti dal progetto. Anche se sui diplomati del 2017 tali esperienze non riguardano ancora la totalità dei diplomati, l’indagine rileva che, ad un anno dal titolo, il 20,2% di quanti hanno svolto l’alternanza scuola-lavoro è stato successivamente richiamato dall’azienda i cui ha svolto tale attività. Come ci si poteva attendere, sono soprattutto i diplomati tecnici (23,3%) e professionali (24,8%) ad aver ricevuto una successiva proposta di collaborazione dall’azienda. Inoltre, tra quanti hanno svolto attività di alternanza scuola-lavoro durante gli studi e risultano occupati al momento dell’intervista, il 33,0% dichiara di lavorare, ancora dopo un anno dal diploma, nell’azienda presso cui ha svolto tale esperienza (è il 31,4% tra i tecnici e il 39,7% tra i professionali).
I DIPLOMATI E IL LAVORO
Ad un anno lavora il 35,5%, a tre anni il 45,0%
Ad un anno dal conseguimento del titolo, escludendo quanti sono impegnati in attività formative retribuite, risulta occupato il 35,5% dei diplomati del 2017: il 19,8% ha preferito inserirsi direttamente nel mercato del lavoro e il 15,7% ha scelto di frequentare l’università lavorando. Come era naturale attendersi, la percentuale di occupati è più elevata per i diplomati professionali (52,0%) e tecnici (43,8%), mentre tocca il minimo tra i liceali (26,8%).
A tre anni dal titolo sono occupati il 45,0% dei diplomati: il 24,6% è dedito esclusivamente al lavoro, mentre il 20,4% è impegnato sia nello studio che nel lavoro. Tra i diplomati del 2015, la quota di occupati è più elevata della media per i diplomati professionali (67,0%) e tecnici (57,4%), mentre tocca il minimo tra i liceali (34,6%).
Più diffusi i contratti a tempo determinato e il lavoro a tempo pieno
La retribuzione media è poco più di 1000 euro dopo un anno dal diploma
Tra i diplomati del 2017 che risultano impegnati esclusivamente in un’attività lavorativa, la tipologia di attività più diffusa risulta essere il lavoro non standard, che coinvolge il 43,9% degli occupati (in particolare si tratta di contratti a tempo determinato, che interessano il 31,3% degli occupati). La quota di assunti con contratti formativi è del 26,3%. I contratti a tempo indeterminato e le attività autonome riguardano, invece, il 12,9% e il 3,7%, rispettivamente dei diplomati occupati. Rilevante è la quota di chi non ha un contratto regolare: l’8,1% del totale diplomati (era il 14% nell’Indagine dello scorso anno).
A tre anni dal diploma, tra chi è dedito solamente al lavoro, i contratti non standard restano la tipologia di lavoro più diffusa, con il 29,5% dei diplomati. Elevata anche la quota di contratti a tempo indeterminato (27,8%) e quella relativa ai contratti formativi (26,6%); la quota di coloro che lavorano senza alcun contratto è pari al 6,2%.
L’attività nel settore pubblico è la meno diffusa tra i diplomati di scuola secondaria di secondo grado: complessivamente, a un anno dal diploma dichiara infatti di lavorarvi il 7,9% degli occupati. Il 73,4% degli occupati, ad un anno dal diploma, è inserito in un’azienda che opera nel settore dei servizi (in particolare del commercio, 32,2%); il 20,7% lavora invece nell’industria (in particolare quella metalmeccanica, 8,1%), mentre è decisamente contenuta la quota di chi lavora nell’agricoltura (2,5%). Il quadro qui delineato risulta confermato anche a tre anni dal diploma.
Il lavoro a tempo pieno coinvolge il 44,4% del complesso degli occupati ad un anno: tale quota sale al 61,6% tra i tecnici e al 60,9% tra i professionali, mentre cala considerevolmente, come ci si poteva attendere, fino al 20,3% tra i liceali (fortemente impegnati negli studi universitari).
A tre anni dal diploma il lavoro a tempo pieno è pari al 47,6%; ancora una volta più diffuso fra professionali (68,5%) e i tecnici (66,7%), rispetto ai liceali (22,1%).
I diplomati che lavorano a tempo pieno (senza essere contemporaneamente impegnati nello studio universitario) guadagnano in media, a un anno dal diploma, 1.114 euro mensili netti. A tre anni dal conseguimento del titolo la retribuzione mensile netta dei diplomati è pari in media a 1.216 euro.
I DIPLOMATI ALL’UNIVERSITA’
Quasi il 70% si iscrive. I più convinti sono i liceali
I diplomati del 2017 iscritti all’università, dopo un anno, come si è visto, sono il 66,8%: il 51,1% ha optato esclusivamente per lo studio, il 15,7% frequenta l’università lavorando. La quota di diplomati dediti esclusivamente allo studio universitario è nettamente più elevata tra i liceali (67,1%) rispetto ai diplomati del tecnico (37,3%) e del professionale (14,3%). Rimane assai elevata, ancora dopo tre anni dal diploma, la quota di liceali che studiano – esclusivamente – all’università: 59,6%, rispetto al 33,4% dei tecnici e al 15,0% dei professionali. Erano già convinti tra i banchi della scuola secondaria di secondo grado di volerla fare? Sì. Alla vigilia dell’Esame di Stato, infatti, tra i diplomati del 2017 l’87,1% di coloro che avevano dichiarato di volersi iscrivere all’università ha successivamente confermato le proprie intenzioni. All’opposto, l’8,4% ha cambiato idea. La quota di chi ha rivisto le proprie scelte, come ci si poteva attendere, è decisamente consistente tra i diplomati professionali (34,0%) e i tecnici (14,0%): ovvero profili che, rispetto ai liceali dove la quota dei ripensamenti è praticamente irrilevante (4,7%), subito dopo il conseguimento del titolo possono contare su maggiori chance lavorative.
Tra i diplomati del 2017 iscritti all’università, la scelta si è orientata soprattutto verso un corso di laurea nell’area economico-sociale (21,8%; è il 34,3% tra i tecnici), umanistica (19,5%; è il 33,1% tra i diplomati professionali), ingegneria o architettura (18,5%, valore che sale al 22,5% tra i tecnici) e scientifica (16,4%; 16,5% sia tra i liceali che tra i tecnici). Il quadro qui delineato è sostanzialmente confermato tra i diplomati del 2015.
Il 14,8% dei diplomati è pentito della scelta universitaria
A un anno dal titolo, per il 14,8% dei diplomati la scelta universitaria non si è dimostrata vincente: fra coloro che dopo il diploma hanno deciso di continuare gli studi, il 6,3% ha deciso di abbandonare l’università fin dal primo anno, mentre un ulteriore 8,5% è attualmente iscritto all’università ma ha già cambiato ateneo o corso di laurea. Gli abbandoni coinvolgono il 3,7% dei liceali, l’11,0% dei tecnici e addirittura il 22,2% dei diplomati professionali. I cambi di ateneo o corso di laurea riguardano il 9,4% dei liceali, l’8,4% dei professionali e il 6,2% dei tecnici.
Le cose non migliorano a tre anni: sale al 19,8% la quota di diplomati insoddisfatti della propria scelta universitaria. In particolare, il 6,9% di coloro che dopo il diploma si era iscritto all’università ha abbandonato gli studi universitari, quota quest’ultima che aumenta considerevolmente per i diplomati professionali (20,6%) e degli istituti tecnici (13,4%), e diminuisce al 3,7% per i liceali. Un ulteriore 12,9% è attualmente iscritto all’università ma ha cambiato ateneo o corso di laurea.
Il motivo prevalente del cambiamento di corso o ateneo è legato soprattutto ad una insoddisfazione, rispetto alle aspettative iniziali, per le discipline insegnate: infatti il 44,9% dichiara che quelle impartite fino a quel momento non sono risultate interessanti, mentre un ulteriore 5,3% ha trovato il corso troppo difficile. Il 10,7%, invece, si dichiara insoddisfatto dell’ateneo a cui era iscritto, ad esempio per l’organizzazione scadente, l’inadeguatezza delle strutture, le limitate opportunità di stage ed esperienze all’estero. Per il 27,7% il cambiamento di corso o ateneo è legato non ad un ripensamento, ma alla possibilità accedere al corso a cui non era riuscito ad accedere in precedenza. Infine, la restante parte ha scelto di cambiare per motivi personali (6,5%) o per altri motivi (4,0%).