Formare figure professionali altamente specializzate richieste dal mercato del lavoro come l’esperto di tecnologie per il legno d’arredo, l’ingegnere meccatronico, geometri che operano per l’ambiente e la riqualificazione degli edifici e periti agrari liberi professionisti. E’ l’obiettivo delle 14 lauree professionalizzanti introdotte da questo anno accademico in altrettanti Atenei italiani: percorsi triennali in stretta collaborazione con collegi e ordini professionali.
L’introduzione dei corsi di laurea professionalizzanti, fortemente orientati al mondo delle professioni, rappresenta una nuova opportunità per chi si appresta a concludere le scuole superiori, in particolare per chi ha scelto un percorso presso gli istituti tecnici e professionali. Secondo i dati AlmaLaurea (Rapporto sul Profilo dei laureati, 2018) il 42% dei laureati italiani non ha svolto alcuna esperienza di tirocinio o lavoro riconosciuto.
Questi nuovi titoli dovrebbero contribuire a contrastare il fenomeno dell’abbandono scolastico: nel 2017 la quota di 18-24enni che hanno abbandonato precocemente gli studi si stima pari al 14% e per la prima volta dal 2008 il dato non ha registrato un miglioramento rispetto all’anno precedente. Le differenze territoriali negli abbandoni scolastici precoci sono molto forti – 18,5% nel Mezzogiorno, 10,7% nel Centro, 11,3% nel Nord – e anche queste non accennano a ridursi (ISTAT).
Le lauree professionalizzanti dovrebbero inoltre contribuire ad aumentare la percentuale di laureati del Paese: meno del 27% degli italiani tra i 30 e i 34 anni ha infatti un titolo di laurea, un dato che pone l’Italia al penultimo posto tra i Paesi dell’Unione europea: un divario resta immutato rispetto a dieci anni fa, ISTAT.
I nuovi corsi di laurea prevedono due anni di formazione universitaria e un anno di esperienza sul campo tramite tirocini curricolari: il percorso è teorico, di laboratorio e applicato. Le università possono attivare da un minimo di tre corsi a un massimo pari al 10% dei suoi corsi complessivi. Gli accessi sono programmati su base locale con un tetto di 50 studenti e tutor delle aziende coinvolte. Il MIUR potrà accreditare corsi in nuovi settori scientifico-disciplinari.
Requisito base per avviare la sperimentazione è il coinvolgimento degli stakeholder del territorio, per costruire un’offerta formativa realmente connessa al tessuto economico-produttivo locale. Al termine del percorso, gli atenei dovranno monitorare gli effettivi sbocchi occupazionali degli studenti, con un target fissato all’80% a un anno dal conseguimento del titolo.
I corsi fissati in partenza per l’anno accademico 2018/2019 sono 14, suddivisi in tre aree:
Ingegneria
Edilizia e Territorio
Energia e Trasporti
Ad essere coinvolte in questa prima fase sono le Università di:
- Bologna (Ingegneria meccatronica)
- Modena e Reggio (Ingegneria per l’industria intelligente)
- Bolzano (Ingegneria del legno)
- Salento (Ingegnerie delle tecnologie industriali)
- Napoli Federico II (Ingegneria meccatronica)
- Napoli Parthenope (Conduzione del mezzo navale)
- Politecnico di Bari (Costruzione e gestione ambientale e territoriale)
- Firenze (Tecnologie e trasformazioni avanzate per il settore legno, arredo ed edilizia)
- Padova (Tecniche e gestione dell’edilizia e del territorio)
- Politecnica delle Marche (Tecnico della costruzione e gestione del territorio)
- Udine (Tecniche dell’edilizia e del territorio)
- Siena (Agribusiness)
- Palermo (Ingegneria della sicurezza)
- Sassari (Gestione energetica e sicurezza)
Il titolo di studio – nonostante solo i periti industriali abbiano stretto sette accordi – al momento non è abilitante per accedere agli ordini professionali.