I laureati in Fisica dall'Università al mondo del lavoro
Il quadro di riferimento nazionale e internazionale[1]
L’analisi del mercato del lavoro italiano per i laureati in Fisica esige una premessa anche sul contesto internazionale di riferimento. Un confronto tra i Paesi europei e gli Stati Uniti appare inevitabile; a partire dall’estensione dell’istruzione superiore, dalla consistenza dei possessori di un titolo di laurea o di diploma universitario. Fra i Paesi avanzati l’Italia risulta agli ultimi posti per numero di giovani, sul complesso della popolazione nella classe di età tra i 25 e i 34 anni, in possesso di un titolo di istruzione di terzo grado. I laureati sono infatti il 12% contro il 39% degli Stati Uniti, il 37% della Francia, il 33% del Regno Unito e il 22% della Germania. Siamo sostanzialmente ai livelli della Turchia e del Messico [2]. Vero è che il numero dei giovani con un titolo di istruzione superiore è in aumento: negli ultimi dieci anni - dal 1991 al 2003 - la percentuale quasi raddoppia e questo pare di conforto, ma la progressione, che si è verificata pure negli altri Paesi, non ci ha ancora permesso di raggiungere quote rilevanti di laureati.
In seconda istanza, quanti sono gli immatricolati e i laureati in Fisica? Pure in questo caso il confronto deve necessariamente uscire dai confini del nostro Paese ed estendersi al contesto internazionale. Anche perché – e lo vedremo in seguito – sarà a questo mercato del lavoro esteso e globalizzato che si dovrà guardare per immaginare un futuro dei giovani fisici con più certezze.
La crisi mondiale delle vocazioni nelle materie scientifiche è un fenomeno che ha radici lontane e motivazioni complesse. In Italia questo fenomeno si è fatto sentire, in misura più rilevante di altri Paesi. Ma qualcosa sta cambiando. Dopo una forte contrazione delle immatricolazioni, la più recente documentazione ufficiale segnala che negli ultimi tre anni i nuovi iscritti ai corsi di laurea triennale sono in ripresa (+11%). L’evoluzione degli iscritti al primo anno in Fisica porta il segno negativo almeno dall’anno accademico 1994/’95 sino al 2000, quando si è passati da 3.559 immatricolati a 1.454, perdendone per strada più della metà. Dal 2000 al 2003/2004 si assiste sì a un aumento, che però non arriva mai a superare i duemila immatricolati [3] [Graf. 1].
Graf. 1 - Evoluzione della quota di immatricolati a Fisica* in Italia
*Dall’a.a. 2001-02 si fa riferimento agli immatricolati della classe di Scienze e Tecnologie fisiche.
Fonte: ISTAT/MIUR
Robusti segnali positivi si attendono dalle azioni messe in campo dal MIUR a sostegno dei corsi di laurea scientifici, tra cui Fisica [4].
I laureati in Fisica invece in dieci anni aumentano: dal 1992 al 2003 si passa da 1.135 dottori a 1.689; l’incremento fra il 2000 e il 2003 è pari al 30%, ma inferiore a quello riscontrato nel complesso dei laureati (52%) [Graf. 2].
Graf. 2 - Evoluzione della quota di laureati in Fisica* in Italia
*Dal 2001 sono compresi anche i laureati di primo livello della classe di Scienze e Tecnologie fisiche.
Fonte: ISTAT/MIUR
Seppure questa documentazione mostri qualche segnale di positiva inversione di tendenza, l’Italia risulta comunque fanalino di coda nel confronto internazionale. Utilizzando la classificazione ISCED, possiamo mettere a confronto gli iscritti alle “Physical Sciences” [5] in Italia con quelli in alcuni paesi come il Regno Unito, la Germania, la Spagna e gli Stati Uniti [Graf. 3]. Essi sono in aumento in Germania, in diminuzione nel Regno Unito e in Spagna, in calo dapprima e poi in ripresa in Italia (da 25.657 nel 1999/2000 a 22.323 nel 2001 a 26.321 nel 2002/’03). Un dato positivo? Non proprio perché i 26.321 iscritti in Italia rappresentano comunque la metà degli iscritti in Spagna, un terzo degli iscritti in Germania. In termini percentuali siamo all’1,4% del complesso degli iscritti all’Università (terzo livello ISCED) in Italia contro il 2,8% in Spagna, il 3,1 nel Regno Unito, il 4,2 in Germania.
Graf. 3 - Iscritti a “Physical Sciences”* nel contesto internazionale
*Classificazione ISCED 1997.
Fonte: Eurostat
Anche se si considera l’evoluzione dei laureati in “Physical Sciences” l’Italia si ferma a 4.128 nel 2002 contro i 6.702 della Spagna, i 9.901 della Germania, i 23.457 del Regno Unito e i 27.650 degli Usa [Graf. 4].
Graf. 4 - Laureati in “Physical Sciences”* nel contesto internazionale
*Classificazione ISCED 1997.
Fonte: Eurostat
Il Profilo dei laureati in Fisica
Gli studi e le intenzioni dopo la laurea
Esaminato il contesto internazionale, proviamo a delineare, attraverso le indagini AlmaLaurea, in termini qualitativi le caratteristiche dei laureati in Fisica, il loro percorso di studi, le loro aspirazioni rispetto al futuro al momento della discussione della tesi. Questa indagine fa riferimento al VII Profilo dei laureati italiani che ha coinvolto complessivamente tutti i 140mila laureati tra gennaio e dicembre 2004 in 35 degli Atenei consorziati ad AlmaLaurea. Tra questi, forte è la presenza di dottori, oltre 47mila, che hanno portato a termine i corsi di primo livello introdotti con la riforma degli ordinamenti didattici universitari.
L’analisi viene condotta confrontando le performance dei laureati in Fisica pre e post riforma, ma anche mettendo in luce le loro caratteristiche rispetto a quelle dei laureati del gruppo Scientifico. Con una premessa: nell’attuale fase di transizione tra vecchio e nuovo ordinamento un’attenta lettura dei risultati che seguono non deve dimenticare che i medesimi risentono del fatto che nel post–riforma i laureati “lenti” non hanno ancora fatto in tempo a completare gli studi e quelli “veloci”, quindi i migliori, sono strutturalmente sovrarappresentati nelle prime coorti di laureati. Il confronto dunque tra i laureati pre e post riforma rimane puramente indicativo.
I laureati pre-riforma in Fisica indagati sono 495 contro i 1.873 del gruppo Scientifico, su un totale di 89.013. I laureati in Fisica di primo livello coinvolti dall’indagine sono 367 contro i 1.849 del gruppo Scientifico, su un totale di 47.389.
Fra i laureati pre-riforma, prevale la componente maschile (68%) anche rispetto al gruppo Scientifico (57%), mentre nel totale dei laureati i maschi sono il 40%. Nei laureati post-riforma in Fisica la componente maschile si riduce (63%) e rimane inferiore nel confronto con il gruppo Scientifico (70%), ma continua a prevalere rispetto al totale dei laureati (43%).
Il voto di laurea, che sfiora i 106, è più alto per i dottori in Fisica pre e post riforma di quello conseguito dai laureati del gruppo Scientifico e dal totale dei laureati.
L’indice della durata degli studi (confronto tra la durata reale e durata legale [6]) è leggermente superiore (1,75 anni) per i laureati in Fisica pre e post riforma rispetto al gruppo Scientifico (1,69) e al totale (1,64). Nel passaggio tra il vecchio e il nuovo ordinamento della laurea in Fisica si verifica una riduzione della durata: 1,21 anni per i laureati di primo livello rispetto a 1,75 dei laureati pre-riforma. Ma in questo contesto sarebbe eccessivo insistere sulla migliore riuscita negli studi dei laureati in Fisica post-riforma. Si tratta infatti di un confronto fra i vecchi laureati soprattutto fuori corso e i nuovi che, essendo i primi, si caratterizzano con migliori performance.
Da che percorso di studi di scuola superiore provengono i laureati in Fisica? Non emergono differenze tra i laureati in Fisica pre e post riforma. Sia in un caso che nell’altro il 70,5% si iscrive dopo aver conseguito la Maturità scientifica, il diploma di scuola secondaria superiore più diffuso nel complesso dei laureati. Percentuali che risultano più alte nel confronto con il gruppo Scientifico, dove la Maturità scientifica è stata conseguita dal 56% dei laureati pre-riforma e dal 50% dei laureati post-riforma. Stesso tipo di Maturità appartiene al 38% del totale dei laureati pre-riforma e al 35,5% del totale dei laureati post-riforma. Si può dunque riscontrare una forte vocazione alla fisica già coltivata sui banchi dei licei.
Anche il voto di Maturità è più elevato per i laureati in Fisica: 53,3/60 per i laureati pre-riforma, 54,7/60 per i post riforma contro una votazione di 51,2/60 (pre-riforma) e di 51,3/60 (post-riforma) per i laureati del gruppo Scientifico e di 48,6/60 (pre-riforma) e 49/60 (post-riforma) del totale dei laureati.
Dalla documentazione disponibile sul titolo di studio dei genitori e sulla classe sociale di appartenenza, si rileva che i laureati in Fisica provengono da ambienti culturalmente ed economicamente più favoriti rispetto ai laureati degli altri percorsi di studio. Infatti, i laureati in Fisica pre-riforma con entrambi i genitori laureati sono il 15% contro il 10% sia del gruppo Scientifico che del complesso dei laureati. Una differenza che si fa più evidente nei laureati in Fisica post-riforma: sono quasi il doppio rispetto a quelli del gruppo Scientifico quelli che hanno entrambi i genitori laureati (il 18% contro il 10%). Anche rispetto al totale, la percentuale dei laureati post-riforma in Fisica con entrambi i genitori laureati è superiore (18% contro l’8%). La provenienza da ambienti più favoriti viene confermata anche da una superiore appartenenza a classi sociali più agiate dell’intero collettivo dei laureati in Fisica rispetto a chi ha scelto altri percorsi di studi.
I laureati in Fisica pre-riforma che hanno portato a termine il percorso universitario da lavoratori-studenti rappresentano il 3,5% contro il 3,7% del gruppo Scientifico e il 6,6% del totale laureati. I lavoratori-studenti post-riforma sono l’1,9 contro il 5,4 del gruppo Scientifico e il 9,8 del totale. Il percorso di studi in Fisica sembra non lasciare quindi molto spazio ad altre attività. E’ ridotta, infatti, e questo è ancora più evidente tra i laureati post-riforma, la quota di chi affronta nella condizione di lavoratore il percorso di studi in Fisica. Ed è molto più elevata la quota dei laureati in Fisica che arriva alla laurea senza aver fatto alcuna esperienza lavorativa. Tra i laureati pre-riforma è il 34% contro il 27% del gruppo Scientifico e il 22% del totale; tra i laureati post-riforma è il 40% contro il 33% del gruppo Scientifico e il 26,5 del totale [Tab. 1].
Tab. 1 – Esperienze di lavoro durante gli studi (valori relativi)
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Fisica |
Scientifico |
Totale |
Lavoratori-studenti* |
Pre-riforma |
3,5 |
3,7 |
6,6 |
Post-riforma |
1,9 |
5,4 |
9,8 |
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Studenti-studenti |
Pre-riforma |
34,1 |
27,3 |
21,7 |
Post-riforma |
40,4 |
33,1 |
26,5 |
*La componente lavoratori–studenti è costituita sostanzialmente da quanti hanno svolto attività lavorative continuative a tempo pieno durante gli studi
L’indagine sul Profilo è stata arricchita dall’analisi sulla sostenibilità del carico di studi [7]. I laureati in Fisica pre-riforma rispondono “decisamente sì” per il 26,5% dei casi contro il 29% dei laureati del gruppo Scientifico e contro il 35% del totale; i laureati in Fisica post-riforma giudicano gli insegnamenti decisamente sostenibili per il 18% dei casi contro il 26% dei laureati del gruppo Scientifico e contro il 33% del totale. Si accentua nei laureati in Fisica, e soprattutto in quelli post-riforma, dunque, la percezione di un carico di studi più elevato rispetto ai laureati di altri corsi. Una tendenza che in generale si riscontra in tutti i laureati dell’area tecnico-scientifica. Rispetto a un percorso ritenuto più severo risulta però un grado di soddisfazione maggiore. Se potessero tornare indietro ai tempi dell’immatricolazione 89 laureati su cento in Fisica pre e post riforma, si iscriverebbero allo stesso corso. Percentuali superiori all’83% pre-riforma e all’86% post-riforma del gruppo Scientifico e al 78% pre-riforma e al 79,5% post-riforma del totale dei laureati. L’esame dell’ipotesi di reiscrizione all’università e allo stesso corso deve naturalmente tenere presente che gli elementi che concorrono a formare la valutazione finale sono molteplici, riconducibili all’esperienza compiuta ma anche all’efficacia dell’orientamento ricevuto, alle condizioni familiari, che abbiamo visto essere più favorevoli per i laureati in Fisica, alle aspettative personali ed alla percezione del proprio futuro lavorativo.
Particolarmente significativa è la documentazione raccolta sulle intenzioni dichiarate al momento della laurea rispetto alle prospettive. Si tenga presente che la domanda di formazione post-laurea, più accentuata tra i laureati di primo livello, è generalizzabile a tutti i gruppi di laurea. In questo contesto non fanno eccezione i laureati post-riforma in Fisica. La quota di chi intende proseguire gli studi è assai elevata: sono 88 su cento contro i 74,5 del gruppo scientifico e i 76 del totale. Una tendenza che si riscontra già sui laureati pre-riforma in Fisica: 77 su cento dichiarano di voler proseguire gli studi contro i 57 del gruppo scientifico e i 55 del totale. [Graf. 5].
AlmaLaurea ha indagato anche sulle reali scelte effettivamente compiute dopo la laurea utilizzando un campione di laureati post-riforma, intervistati via web. La scelta della laurea specialistica, come ci si poteva aspettare e come è confermata anche dai risultati sul complesso dei laureati, è la più gettonata rispetto a percorsi alternativi. I laureati della classe di Scienze e Tecnologie fisiche preferiscono di gran lunga continuare la formazione con la laurea specialistica (88%); il 7,7% indica che ha in atto una collaborazione volontaria, il 7,2% sta effettuando uno stage in azienda, il 6,2% ha una borsa o un assegno di ricerca.
Graf. 5 – Intenzione di proseguire gli studi
La condizione occupazionale dei laureati in Fisica
Andamento generale del mercato del lavoro
La VII indagine sulla condizione occupazionale dei laureati presentata da AlmaLaurea a febbraio 2005, che ha coinvolto 56mila laureati pre-riforma di 27 Atenei italiani a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo [8], fornisce un quadro tempestivo e attendibile entro cui analizzare gli sbocchi lavorativi per i fisici. L’indagine ci dice che il rallentamento della capacità attrattiva del mercato del lavoro, già segnalato nei precedenti Rapporti, trova conferma in un quadro più generale contraddistinto a livello nazionale ed internazionale da una fase economica decisamente poco favorevole. L’ingresso di tutti i giovani neo-laureati nel mercato del lavoro risulta più difficoltoso: il tasso di occupazione si contrae lievemente infatti e si attesta, fra i laureati del 2003, sul valore del 54,2 per cento; 0,7 punti percentuali meno di quello rilevato nella precedente indagine (2,7 punti percentuali in meno di due anni prima). Un’ulteriore, sia pure modesta, diminuzione sopraggiunta dopo un periodo di sostanziale stabilità del tasso di occupazione ad un anno (56,8 per cento per i laureati del 1999, 57,5 per cento per quelli del 2000, 56,9 per i laureati del 2001).
L’indagine AlmaLaurea analogamente a quella ISTAT sulla condizione occupazionale dei laureati, non considera occupati coloro che sono impegnati in attività di formazione post-laurea, anche se retribuite (di fatto, specializzandi, tirocinanti, dottorandi). Categorie che sono invece considerate occupate nelle indagini ISTAT sulle Forze di Lavoro. Secondo questa seconda definizione, meno restrittiva, di “occupato”, il tasso di occupazione si dilata di oltre 14 punti percentuali (68,5 anziché 54,2 per cento). Adottando così questa definizione, l’occupazione risulta sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente (68,5 per cento contro 68,6). In particolare, nell’indirizzo scientifico l’occupazione sale di quasi 23 punti percentuali.
Fisica: dalla laurea al lavoro
Definito l’orizzonte di riferimento, passiamo all’analisi della condizione occupazionale dei laureati in Fisica con un confronto con i laureati del gruppo Scientifico e con il totale dei laureati.
L’indagine sulla condizione occupazionale, come si è detto, ha preso in esame i laureati pre-riforma a uno, tre e cinque anni dalla laurea. I laureati in Fisica coinvolti sono stati 512 sui 1.559 del gruppo Scientifico.
La particolare natura del corso analizzato, che prevede la prosecuzione della formazione oltre la laurea per quote rilevanti di laureati, suggerisce l’adozione della definizione di occupato adottata dall’ISTAT nelle indagini sulle Forze di Lavoro, comprendendovi così anche coloro che sono impegnati in attività retribuita di formazione post laurea. Ciò premesso, il tasso di occupazione dei laureati che hanno concluso i corsi considerati ad un anno dalla laurea (80 %) risulta perfino più elevato di quello corrispondente al gruppo Scientifico (73%) e al complesso dei laureati (68,5%). A tre anni dal conseguimento del titolo gli occupati salgono all’86%, percentuale di poco inferiore agli occupati del gruppo Scientifico (87%), ma ancora superiore al totale dei laureati (83%). A cinque anni dalla conclusione degli studi il tasso di occupazione lievita per i laureati in esame fino a raggiungere il 93%, valore superiore - anche se ormai siamo in una situazione di piena occupazione per tutte le coorti di laureati - a quello del gruppo Scientifico (91,5%) e del complesso dei laureati (90,5%) [Graf. 6].
Graf. 6 – Occupazione dei laureati in Fisica: confronti
Che tipo di lavoro hanno trovato i laureati in Fisica occupati? La stabilità riguarda il 36% dei neolaureati, un dato simile a quello per i laureati del gruppo Scientifico, inferiore di cinque punti percentuali rispetto al totale (41%). Il lavoro atipico coinvolge il 48% dei laureati in Fisica a un anno dal conseguimento del titolo: è il 50 del gruppo scientifico e il 46 il totale.
A cinque anni dalla laurea la stabilità per i laureati in Fisica occupati aumenta (61%) mentre il lavoro atipico si riduce al 37%. Nello stesso periodo di tempo, la stabilità riguarda il 63% dei laureati del gruppo scientifico e il 74 del totale; il lavoro atipico riguarda rispettivamente il 35% e il 23,5%.
Per quanto riguarda la posizione nella professione dei laureati in Fisica a cinque anni, la componente maggiore è costituita dagli impiegati di alta e media qualificazione (40,4% contro il 35,5% del totale dei laureati). Rispetto al complesso dei laureati, hanno un peso maggiore gli insegnanti (13,4% contro il 9,3%) [Graf. 7].
Il 32,8%, sempre a cinque anni dalla laurea, lavora nel settore Istruzione e ricerca. Il 18,4% nei settori delle industrie manifatturiere, della stampa, dell’editoria, dell’elettronica e dell’elettrotecnica; nove laureati in Fisica su cento si trovano nel settore informatico.
Graf. 7 - Posizione nella professione dei laureati in Fisica a cinque anni dalla laurea
Il guadagno mensile netto dei laureati in Fisica è mediamente più alto rispetto al gruppo scientifico e alla media nazionale. A un anno è di 1.084 euro, a tre anni di 1.156 euro, a cinque di 1.396 euro. I laureati del gruppo scientifico guadagnano a un anno dalla laurea 1.037 euro, a tre anni 1.132 euro, a cinque anni 1.303 euro; la media del complesso dei laureati è di 986 euro netti mensili a un anno dal conseguimento del titolo, di 1.142 euro a tre anni, di 1.281 euro a cinque anni [Graf. 8].
Graf. 8 - Guadagno mensile netto dei laureati in Fisica: confronti
Conclusioni
A conclusione dell’analisi sul percorso formativo e sulla condizione occupazionale dei laureati in Fisica vale la pena ricordare ancora una volta che i risultati qui esposti risentono del fatto che nella popolazione del post–riforma hanno un peso rilevante sia i laureati fuori corso, che hanno fatto il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento per terminare gli studi, sia i laureati regolari che, essendo i primi, non possono che essere tali e sono quindi strutturalmente sovrarappresentati. Le chiavi interpretative, anche in un quadro di confronto con il contesto internazionale, devono essere necessariamente molteplici e articolate. La complessità della documentazione offerta e la cautela con cui è necessario interpretarla postulano una conoscenza del sistema universitario in questa fase di transizione tale da ridurne l’utilizzabilità soprattutto agli addetti ai lavori. Vero è, però, che il tema così attuale del rilancio delle carriere scientifiche porta questi risultati ad essere un prezioso contributo nel dibattito quanto mai necessario e urgente.
I risultati delle indagini mostrano con evidenza performance assai positive per il collettivo di laureati in Fisica pre e post riforma. Gli stessi laureati, una volta conseguito il titolo, confermano positivamente la scelta degli studi fatti. Anche dal punto di vista occupazionale si registrano confortanti evidenze empiriche che contraddicono luoghi comuni molto diffusi circa la mancanza di lavoro per chi intraprende questo tipo di studi. I laureati in Fisica hanno il più alto tasso di occupazione in assoluto (sia dopo uno che dopo cinque anni), anche rispetto alle lauree del gruppo Scientifico. Il problema in Italia, dunque, non sembra essere tanto l’ingresso dei laureati nel mondo del lavoro quanto piuttosto il loro numero ridotto. Per questo, e lo si va dicendo da tempo e da più parti autorevoli, le iscrizioni a Fisica sono da incentivare. Abbiamo infatti visto che l’Italia, rispetto al contesto internazionale, dove pure si è fatta sentire la crisi delle vocazioni scientifiche, sconta un ritardo sul numero di laureati formati. Segnali positivi si attendono dalla fase di ripresa delle iscrizioni già iniziata ancora prima dei mirati provvedimenti ministeriali da cui ci si aspetta un ulteriore balzo in avanti delle immatricolazioni. Qual è allora il vero nodo da affrontare? La questione di fondo, piuttosto che quella dell’occupazione dei laureati attuali, sembra quella della loro occupabilità il giorno in cui fossero accresciuti di un numero tale da non essere più assorbiti in un sistema produttivo come quello italiano che continua a investire poco in ricerca e in innovazione. Ma anche nell’esprimere qualche timore rispetto a questo scenario futuro, vogliamo essere ottimisti, perché la Fisica è patrimonio culturale dell’umanità e come tale non conosce barriere geografiche. Il fisico, cittadino del mondo, potrà dunque farsi ben apprezzare in un mercato del lavoro che è ben più ampio di quello nazionale. Dirlo quando si è appena concluso l’Anno mondiale della Fisica nel segno di Einstein non è retorico.
Note
1 Il testo è tratto dall’intervento del professor Andrea Cammelli, direttore del Consorzio interuniversitario AlmaLaurea al convegno “Physics from school to the job market”, Villa Monastero - Varenna, 17-19 giugno 2005.
2 OCSE, 2005.
3 Fonte: Istat/Miur. Dall’anno accademico 2001/’02 si fa riferimento agli immatricolati della classe di Scienze e Tecnologie Fisiche.
4 Decreto ministeriale del 23 ottobre 2003.
5 La classificazione ISCED, elaborata da OCSE-UNESCO per descrivere i sistemi di istruzione dei diversi Paesi in chiave comparativa, in cui viene dettagliato il livello dei corsi di studi e l’area disciplinare, definisce le “Physical Sciences” comprendendo le seguenti materie: Astronomy and space sciences, physics, other al lied subjects, chemistry, other al lied subjects, geology, geophysics, mineralogy, physical anthropology, physical geography and other geosciences, meteorology and other atmospheric sciences including climatic research, marine science, vulcanology, palaeoecology.
6 L’indice di durata degli studi è definito dall’espressione 1 + R/D, in cui R è il ritardo alla laurea (cioè la parte degli studi universitari svolta fuori corso) e D è la durata legale del rispettivo corso di laurea (4, 5 o 6 anni). Ad esempio i laureati che hanno concluso un corso quadriennale esattamente al termine del secondo anno fuori corso hanno un indice uguale a 1,50 (ossia 1 + 2,0/4): hanno cioè accumulato un ritardo corrispondente al 50% della durata legale del rispettivo corso di laurea.
7 La proposta, rivolta dal CNVSU a tutte le università italiane nell’aprile 2003, è stata recepita da AlmaLaurea, che ha modificato ed integrato il proprio questionario elettronico predisposto per la rilevazione sui laureandi. In tal modo, a partire dai laureati del 2004, le università consorziate in AlmaLaurea e il CNVSU (con il quale è stata siglata un’apposita convenzione di collaborazione) dispongono – dopo le verifiche ed i controlli abituali – di tutta la documentazione richiesta dal Ministero.
8 I laureati coinvolti sono stati 23.459 ad un anno dalla conclusione degli studi, 18.074 a tre anni e 14.391 a cinque anni. Si tratta dei laureati degli anni 2003, 2001 e 1999. Non sono compresi in questa indagine le prime lauree triennali numericamente poco consistenti.