sintesi di Andrea Cammelli
Nel corso dell'ultimo anno si sono consolidati i segni di una profonda crisi dell'economia italiana, della finanza pubblica e del sistema politico, in parte mitigati da una maggiore consapevolezza dell'esigenza di rilanciare la crescita e di investire sull'istruzione di alto livello. La difficile situazione ha colpito in modo particolare il sistema universitario, sia sul piano dei finanziamenti diretti, sia sul piano delle opportunità lavorative dei giovani più qualificati, come peraltro hanno mostrato i risultati dell'Indagine AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati, presentati lo scorso marzo a Roma.
Lo sviluppo, l'occupabilità e la coesione sociale che si pensava potessero derivare dalla centralità della conoscenza nei processi economici dei paesi più sviluppati e dalla valorizzazione dell'istruzione non sono stati ancora realizzati, e proprio per questo appare necessario affrontarli con maggiore slancio. Consolidare il processo di riforma del sistema universitario, incoraggiare i giovani a investire in formazione, promuovere la cultura della valutazione, migliorare l'interazione fra università e mondo della produzione, ridefinire l'offerta formativa per chi è già stabilmente inserito nel mercato del lavoro potranno sembrare obiettivi più difficili rispetto ad alcuni anni fa, specie alla luce dell'incertezza che caratterizza il futuro, ma costituiscono priorità irrinunciabili. Nel perseguirle, nonostante gli errori e i difetti dell'accademia, deve rimanere la fiducia sui giovani che, come sosteneva Plutarco "non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere" (e che spesso, per fortuna, si accendono da soli!").
In questo XIV Profilo dei laureati italiani, presentato e discusso quest'anno al convegno "Laurearsi in tempi di crisi: come valorizzare gli studi universitari", ospitato dall'Università Federico II di Napoli martedì 22 maggio 2012, particolare attenzione è stata dedicata ad alcuni temi caldi del dibattito corrente sull'università: il valore del voto di laurea, la regolarità degli studi e l'età alla laurea, le motivazioni dell'iscrizione all'università e alla prosecuzione della formazione oltre il primo livello, l'attrattività internazionale del nostro sistema universitario. Tutte questioni che si intrecciano col tema dell'istruzione come strumento di mobilità sociale e che sono intimamente legate alla questione della valutazione degli atenei.
I miglioramenti registrati dall'età alla laurea e dalla regolarità negli studi, aspetti storicamente dolenti dell'intero sistema universitario nazionale, spesso evocati da chi ricorda un'università che non c'è più, tendono a stabilizzarsi nonostante l'aumento di quanti lavorano stabilmente durante gli studi: considerando solo chi si immatricola nell'età canonica, l'età alla laurea passa da 26,8 dei laureati 2004 a 24,9 anni dei laureati 2011: 24 anni per i laureati di primo livello; 25,2 anni per gli specialistici; 26,1 per gli specialistici a ciclo unico.
Fra gli oltre 121mila laureati triennali del 2011 l'età alla laurea è pari a 25,7 anni e si contrae sino a 24 anni al netto dell'immatricolazione ritardata. Sotto questo profilo il ruolo dell'attività lavorativa (continuativa a tempo pieno), svolta contemporaneamente agli studi, risulta determinante. Non a caso i più giovani a concludere gli studi risultano i laureati dei percorsi nei quali questo tipo di esperienza lavorativa è meno presente, come quelli geo-biologico e linguistico (entrambi a 24,6 anni), economico-statistico ed ingegneristico (entrambi a 24,7 anni), mentre l'età più elevata si riscontra fra i laureati dei gruppi insegnamento (28,4 anni) e giuridico (29,6). Consistente è anche la presenza di una componente di laureati che ha fatto il proprio ingresso all'università in età superiore a quella tradizionale. Si tratta di 18 laureati su cento immatricolatisi con un ritardo di due e più anni e di altri 6 su cento il cui ritardo all'immatricolazione risulta superiore ai 10 anni!.
I laureati specialistici biennali si laureano ad un'età media di 27,8 anni (compresa fra i 31,1 anni del gruppo insegnamento e i 26 di quello chimico-farmaceutico). Al netto dell'immatricolazione ritardata l'età alla laurea si contrae fino a 25,2 anni. Anche nel caso degli specialistici l'età alla laurea risulta fortemente condizionata dalla presenza rilevante di laureati che hanno fatto il proprio ingresso all'università in età superiore a quella tradizionale. Sono infatti quasi 33 su cento i laureati magistrali che si sono immatricolati con un ritardo compreso fra 2 e 10 anni mentre per altri 6 su cento il ritardo all'immatricolazione risulta superiore ai 10 anni.
Il XIII Profilo ha coinvolto 191.358 usciti dalle università nel 2010 (110.257 con laurea di primo livello, 53.180 con laurea specialistica/magistrale e 15.291 con laurea a ciclo unico) in uno dei 56 Atenei aderenti da almeno un anno ad AlmaLaurea.
Il dubbio sull’eccesso di laureati viene riproposto, con insistenza, da tempo. Ma ha fondamento?
L’aumento, consistente, del numero di giovani che hanno raggiunto un titolo di studio di terzo livello ha sicuramente contribuito ad elevare la soglia educazionale del Paese, gravemente in ritardo, come è noto, a livello internazionale. Ancora fra i neodottori del 2010, la laurea è entrata per la prima volta nelle famiglie di 72 laureati su cento (75 su cento fra quelli di primo livello). Ciò è avvenuto anche per effetto dell’ampliarsi della popolazione che ha potuto accedere agli studi universitari provenendo da ambienti sociali meno favoriti. Né il fenomeno è rimasto circoscritto ai tradizionali protagonisti dell’università, i giovani di 19 anni che sono tra l’altro in calo all’anagrafe (meno 37 per cento dal 1984 al 2010). Le nuove offerte formative hanno avvicinato agli studi una popolazione di età adulti. Ma l’andamento delle immatricolazioni mostra che l’espansione della fascia adulta, che si è verificata dal 2001-2005, è ora ridimensionata.
E ogni scenario futuro non può che fare riferimento all’andamento delle immatricolazioni ridottesi negli ultimi sette anni del 13 per cento. Una riduzione dovuta all’effetto combinato di molti fattori: il calo demografico, la diminuzione degli immatricolati in età più adulta, il minor passaggio dalla scuola secondaria superiore all’università (che aveva raggiunto il 74,5 per cento nel 2002 e che nella documentazione più recente – 2009 – è sceso a quota 65,7), il ridotto interesse dei giovani diciannovenni per gli studi universitari (solo il 31 per cento di loro vi si iscrive), la crescente difficoltà di tante famiglie a sopportare i costi diretti ed indiretti dell’istruzione universitaria in assenza di una adeguata politica per il diritto allo studio.
Tutto ciò precisato si può parlare di eccesso di laureati nel nostro Paese? Qual è la posizione dell’Italia nel panorama internazionale?
In realtà a lievitare, più che i laureati sono stati i titoli universitari, passati dai 172mila del 2001 ai 293mila del 2009. Nella documentazione più recente OECD, relativa al 2008, il ritardo dell’Italia nel contesto internazionale emerge purtroppo in tutta la sua ampiezza: fra i giovani italiani di età 25-34 i laureati costituivano il 20 per cento contro la media dei paesi OECD pari a 35 (il 24 per cento in Germania, il 38 nel Regno Unito, il 41 in Francia, il 42 negli Stati Uniti, il 55 in Giappone).
Anche l’obiettivo strategico pari al 40% della popolazione di 30-34 anni laureata, che la Commissione Europea ha individuato come mèta da raggiungere entro il 2020, (obiettivo già raggiunto da quasi la metà dei paesi dell’Unione Europea), per il nostro Paese risulta ancora lontano.
Non solo: nella fascia di età 30-34 anni, strategica per realizzare la società della conoscenza e per competere a livello internazionale, fra il 2004 e il 2009 la presenza di laureati in Italia è cresciuta solo dal 16 al 19%!
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Per rendere più efficace la selezione dei laureati in base al titolo di studio conseguito, abbiamo individuato una serie di variabili che permettono di impostare la selezione sia sull'ambito disciplinare sia sul livello più o meno elevato del titolo. È possibile non tenere conto, se lo si desidera, del particolare ordinamento a cui il titolo di studio si riferisce (pre-riforma, post riforma 509/99, post-riforma 270/04). Altrimenti si può distinguere in maniera più specifica individuando laureati con una specifica tipologia di titolo di studio.
Abbiamo a disposizione 2 gruppi di variabili che permettono di selezionare i corsi rispetto alla tipologia/durata e rispetto ai contenuti.
Dopo aver impostato il livello e/o la durata del titolo di studio, attraverso una o entrambe le prime due variabili, individuare i corsi di studio in base ai contenuti, iniziando dalla variabile "area disciplinare" (è possibile selezionare uno o più valori). Le opzioni disponibili per le altre variabili verranno filtrate automaticamente in base alle scelte impostate.
codice | denominazione | ordinamento | durata | livello (quando applicabile) |
---|---|---|---|---|
DU | Diploma universitario | pre-riforma | 2-3 anni | I |
SFS | Scuola diretta a fini speciali | pre-riforma | 2-3 anni | |
CDL | Corso di laurea | pre-riforma | 4-5-6 anni | II |
L | Laurea di primo livello | post riforma 509/99 | 3 anni | I |
LT | Laurea di primo livello | post riforma 270/04 | 3 anni | I |
LS | Laurea specialistica | post riforma 509/99 | 2 anni (dopo la triennale), 5-6 anni se a ciclo unico | II |
LM | Laurea magistrale | post riforma 270/04 | 2 anni (dopo la triennale), 5-6 anni se a ciclo unico | II |
La riforma universitaria del "3+2" (DM 509/99, successivamente modificato dal DM 270/04) modifica progressivamente l'offerta formativa degli atenei italiani a partire dall'anno accademico 2001-2002.
Per chi effettua selezione utilizzando le variabili della carriera universitaria, è fondamentale sapere che ogni ateneo può organizzare l'offerta formativa definendo corsi di laurea con denominazioni e contenuti nuovi e differenti rispetto ai corsi tradizionalmente organizzati in passato.
A titolo di esempio, in passato veniva attivato il corso di laurea in "Fisica" e la denominazione era uguale in ogni ateneo; con la riforma, un ateneo può decidere di organizzare uno specifico corso di laurea in "Fisica dell'atmosfera e meteorologia", oppure in "Fisica e astrofisica". Per classificare i nuovi corsi, la riforma universitaria ha introdotto il nuovo concetto di "classe di laurea", che raggruppa in un'unica categoria tutti i corsi affini, a prescindere dal nome del corso assegnato da ciascun ateneo. I 2 corsi di "fisica dell'atmosfera e meteorologia" e "fisica e astrofisica" rientrano nella Classe delle lauree in scienze e tecnologie fisiche.
Questo nuovo decreto ministeriale va a ritoccare ulteriormente il quadro normativo, ridefinendo le classi di laurea e sostituendo la "laurea specialistica" con la "laurea magistrale". Parleremo quindi di classi di laurea "post 509", con riferimento al DM 509/99, e classi "post 270" per riferirci alle classi definite nel decreto 270/04.
Con la riforma universitaria, i titoli universitari sono distribuiti su 3 livelli:
Livello | Titoli di studio post-riforma DM 509/99 | Titoli di studio post-riforma DM 270/04 | Titoli di studio pre-riforma (*) |
---|---|---|---|
primo | L - Laurea di primo livello (3 anni) | LT - Laurea di primo livello (3 anni) | DU - Diploma universitario (2/3 anni) (*) |
secondo | LS - Laurea specialistica (2 anni) e Laurea specialistica a ciclo unico (5/6 anni)(**) | LM - Laurea magistrale (2 anni) e Laurea magistrale a ciclo unico (5/6 anni)(**) | CDL - Corso di laurea (4/5/6 anni) (*) |
M1 - Master Universitario di I livello (***) | - | ||
terzo | DD - Dottorato di ricerca (***) | ||
M2 - Master universitario di II livello (***) | - |
Note:
(*) Per comodità, riportiamo nella tabella anche i titoli di studio universitari pre-riforma, anche se il concetto di laurea di primo e secondo livello viene introdotto solo con la riforma universitaria. In precedenza esistevano percorsi distinti: corso di laurea (4,5,6 anni) e diploma universitario (2 anni).
(**) Le lauree di secondo livello (specialistica o magistrale) durano 2 anni e seguono un percorso di studio di primo livello, con una durata complessiva di 5 anni (da qui la denominazione "3+2"). Le lauree di secondo livello a ciclo unico, presenti in alcuni ambiti specifici (es. farmacia, medicina), durano 5 o 6 anni.
(***) Pur essendo presenti in banca dati laureati che hanno conseguito anche questi titoli di studio, al momento questi non sono certificati dagli Atenei. E' comunque possibile limitare la ricerca anche sulla base del possesso di titoli di studio come master e dottorati usando il pannello della "formazione post-laurea".
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